Rabbia: domande frequenti (FAQ)
In questa pagina sono riportare delle risposte sintetiche a domande frequenti (Frequently Asked Questions, FAQ) sulla rabbia redatte dal Centro di referenza nazionale e FAO per la rabbia.
- C’è la rabbia in Italia?
- Come si trasmette la rabbia?
- Come si manifesta la rabbia?
- Come si previene la rabbia?
- Cosa fare in caso di morso o contatto a rischio?
1. C’è la rabbia in Italia?
L’Italia attualmente è indenne da rabbia. L’ultima epidemia, dopo quasi 13 anni di assenza e in relazione alla situazione epidemiologica nelle vicine Slovenia e Croazia, ha interessato dall’autunno 2008 al febbraio 2011 il nord-est italiano, e in particolare il Friuli Venezia Giulia, la provincia di Belluno e le province di Trento e Bolzano.
Contro questa epidemia sono state effettuate numerose campagne di vaccinazione orale delle volpi, che hanno permesso l’eradicazione della malattia dal territorio. L’ultimo caso risale al febbraio 2011. Dopo i prescritti due anni di prosecuzione delle campagne vaccinali e in assenza di nuovi casi, il nostro paese ha riottenuto lo stato di indennità nel 2013.
2. Come si trasmette la rabbia?
Il virus della rabbia è molto labile nell’ambiente esterno, e la malattia è scarsamente contagiosa: il veicolo di trasmissione è la saliva degli animali infetti, e la via di trasmissione nella grande maggioranza dei casi è rappresentata da morsi e graffi. Inoltre, seppur più rara, è possibile la trasmissione tramite lambitura della cute non integra o delle mucose.
Il virus può essere presente nella saliva dell’animale infetto già alcuni giorni (fino a 15) prima della comparsa dei sintomi, che in genere si manifestano in un periodo da 2 a 8 settimane dopo l’infezione. Tuttavia, il periodo di incubazione può essere molto più lungo, sia in relazione alla quantità di virus e al ceppo virale, sia alla modalità e alla sede morsicatura/contatto.
Subito dopo l’infezione, il virus entra nella cosiddetta “fase di eclissi” ed effettua una prima moltiplicazione nella sede di ingresso, senza produrre risposta immunitaria. Se non bloccato in questa fase precoce il virus risale lungo le vie nervose in direzione centripeta e, una volta raggiunto il sistema nervoso centrale, determina la comparsa dei sintomi clinici. Successivamente riprende il suo percorso in direzione centrifuga ed è presente nelle ghiandole salivari e nella saliva.
3. Come si manifesta la rabbia?
Negli animali i sintomi clinici della rabbia si evidenziano solo quando il virus ha raggiunto il sistema nervoso centrale, e consistono in modificazioni improvvise del comportamento.
Contrariamente all’opinione comune non sempre la rabbia si manifesta con comportamenti aggressivi: spesso infatti si osservano solo disorientamento, ottundimento e, nel caso di animali selvatici, perdita di diffidenza nei confronti dell’uomo. Col proseguire del decorso clinico, si osservano poi sintomi più gravi fino a convulsioni, paralisi e morte.
Nell’uomo, in assenza di interventi di profilassi post esposizione, la malattia in forma clinica causa paralisi o convulsioni, fino alla morte in genere per insufficienza respiratoria.
4. Come si previene la rabbia?
È possibile prevenire la rabbia adottando semplici regole di comportamento e, in particolare:
- evitando contatti con animali selvatici o domestici sconosciuti, evitandoli anche ai propri animali domestici;
- segnalando al proprio veterinario cambiamenti di comportamento improvvisi dei propri animali domestici;
- segnalando alle autorità locali animali selvatici che si comportino in modo anomalo.
Se ci si trova in aree definite “a rischio” dalle Autorità competenti, verranno emanati specifici provvedimenti che obbligano alla vaccinazione degli animali domestici e impongono la restrizione di alcuni movimenti per questi animali. Il presidio più efficace a livello individuale contro la malattia è la vaccinazione, ed è importante informarsi presso il proprio veterinario o presso le autorità sanitarie sulle disposizioni relative alla vaccinazione antirabbica prima di recarsi in viaggio, soprattutto all’estero, con i propri animali domestici. In quest’ambito esiste infatti una normativa specifica (Regolamento CE n. 998/2003, Regolamento UE n. 756/2013).
La vaccinazione infine è lo strumento che viene utilizzato a livello di popolazione serbatoio per eradicare la rabbia da un territorio. In questo caso non si tratterà di una vaccinazione somministrata individualmente tramite iniezione, ma di una vaccinazione per via orale tramite la distribuzione sul territorio, con mezzi aerei e successiva integrazione manuale, di esche vaccinali. Lo scopo di questo tipo di vaccinazione è quello di ottenere nella popolazione serbatoio (in Europa la volpe rossa) una quantità di soggetti vaccinati sufficiente a far sì che il virus non riesca più a trasmettersi da un soggetto all’altro e quindi si estingua. Questo obiettivo però non può essere raggiunto con una sola campagna vaccinale, ma sono necessarie più campagne, due volte all’anno, almeno per due anni dopo l’ultimo caso riscontrato.
5. Cosa fare in caso di morso o contatto a rischio?
Per quanto riguarda la prevenzione della rabbia a livello individuale nell’uomo, in caso di morso o contatto a rischio la prima cosa da fare è un accurato lavaggio della ferita o della parte esposta con acqua e sapone, seguito da una disinfezione con un comune disinfettante: queste operazioni già sono in grado di ridurre molto il rischio di infezione.
La profilassi vera e propria anche nell’uomo si basa poi sulla vaccinazione. Una vaccinazione preventiva, la cosiddetta “vaccinazione pre-esposizione”, è consigliata alle persone che maggiormente rischiano di venire in contatto col virus, o perché professionalmente esposte (laboratoristi, veterinari, guardie forestali, etc.), o perché residenti per un tempo prolungato in una zona endemica.
In caso di morso o contatto a rischio, dopo le sopra citate operazioni di lavaggio e disinfezione e anche se si fosse già vaccinati, è necessario contattare tempestivamente il proprio medico di fiducia o, in sua assenza, i servizi di prevenzione o il pronto soccorso, che valuteranno l’opportunità di procedere alla “vaccinazione post-esposizione” ed eventualmente alla somministrazione di immunoglobuline.