Peste suina africana

Peste suina africana (PSA)

La peste suina africana (PSA) è una malattia virale dei suidi (suini e cinghiali) causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, ad esito solitamente infausto, per la quale non esistono vaccini. Gli esseri umani non sono sensibili alla malattia, che comunque è causa di gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa.

I segni tipici della peste suina africana sono sovrapponibili a quelli della peste suina classica e includono febbre, perdita di appetito, debolezza, aborti spontanei, emorragie interne. I ceppi più virulenti del virus sono generalmente letali (il decesso avviene entro 10 giorni dall’insorgenza dei primi sintomi). Gli animali infettati da ceppi meno aggressivi del virus della peste suina africana possono non mostrare i tipici segni clinici.

L’infezione può avvenire per contatto diretto con animali infetti, per ingestione di carni o prodotti a base di carne di animali infetti (per es. scarti di cucina) o per contatto indiretto.

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Informazione e risorse

Informazioni su PSA e sorveglianza nei cinghiali

Il virus della PSA

La PSA è sostenuta da un virus appartenente alla famiglia Asfarviridae, genere Asfivirus; un virus molto stabile che non viene inattivato dalla putrefazione, né dalla refrigerazione o congelamento delle carni (è in grado di resistere 18 mesi a +4 °C, 2 anni a -70 °C, 2 anni a -20°C con una riduzione del titolo virale di 103 104 HAD), ma per essere inattivato deve arrivare alla temperatura di 60 °C per almeno 30 minuti.

Queste caratteristiche lo rendono capace di sopravvivere per lunghi periodi nelle secrezioni degli animali, nelle carcasse, nelle carni fresche e congelate e in alcuni prodotti derivati (nei prodotti a lunga stagionatura, come il prosciutto crudo dopo 300 giorni, non è stata dimostrata la presenza di virus infettante, mentre la semplice maturazione delle carni o una stagionatura più breve, come quella delle salsicce e dei salami, non eliminano il virus, che resta presente e infettante). La cottura a temperature superiori a 70 °C è invece in grado di inattivare il virus.

In Europa la diffusione virale è molto legata a queste caratteristiche; la circolazione di animali infetti, di prodotti a base di carne suina contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse e rifiuti costituiscono fattori estremamente importanti nella diffusione della malattia. Inoltre l’incremento demografico, l’espansione territoriale e alcune modalità di gestione del cinghiale fanno sì che anche il mantenimento e l’avanzamento per continuità nella popolazione selvatica costituiscano fattori da non trascurare.

I suidi si possono infettare:

  • direttamente, attraverso la via oro-nasale, in seguito a contatto con altri soggetti infetti che eliminano il virus attraverso la saliva, le urine e le feci;
  • indirettamente, attraverso l’ingestione di carni suine o di altre fonti (es. resti di alimenti o carcasse di suidi infetti) che contengano il virus.

La trasmissione può avvenire tra domestico e selvatico e viceversa, per esempio tra suini domestici infetti che pascolano all’aperto e cinghiali selvatici, o nel caso in cui questi ultimi possano avere accesso ad alimenti infetti (es. scarti di cucina e di derrate a base di carne suina).

La malattia

Esiste una varietà di sintomi clinici, anche in relazione alla patogenicità dei diversi ceppi virali.

La forma acuta (macroscopicamente non distinguibile da un’altra importantissima malattia dei suidi, la Peste Suina Classica) comporta, dopo pochi giorni di incubazione, una febbre molto elevata a cui presto seguono marcati sintomi di carattere generale come depressione, perdita di appetito, evidente difficoltà respiratoria e secrezioni dalle narici e dagli occhi, talvolta movimenti incoordinati, vomito e/o diarrea sanguinolenta. Un sintomo significativo è inoltre rappresentato da emorragie cutanee evidenti (visibili nel suino domestico ma più difficilmente osservabili nel cinghiale), in particolare alle estremità e alle orecchie.

Dopo la morte/abbattimento, la sindrome emorragica può essere molto evidente negli organi interni: la milza è ingrossata, i linfonodi a loro volta ingrossati sono quasi simili a “grumi di sangue” ed emorragie puntiformi o soffuse possono essere presenti pressoché in tutti gli organi o apparati.

Il decesso è molto frequente e può verificarsi in modo improvviso (entro poche ore) o entro 1-2 giorni dall’insorgenza dei primi sintomi. È molto importante sottolineare che, soprattutto in casi di infezione iperacuta e di rapido decesso, potrebbe non  osservarsi alcuna lesione evidente nei soggetti trovati morti.

La PSA nel mondo e in Italia

La malattia è originaria dell’Africa, dove è stata scoperta nel 1921 quando, in Kenya, i coloni cominciarono ad allevare i loro suini che contrassero l’infezione dai suidi selvatici locali (facoceri).

Ad oggi la PSA è diffusa in Africa, Europa, Asia e Caraibi (Repubblica Dominicana e Haiti). In Italia il genotipo I del virus della PSA era stato introdotto nel 1978 in Sardegna diffondendosi nel suo domestico e nel cinghiali fino al 2019, anno in cui sono state rilevati gli ultimi casi. A partire dal 2007, invece, un altro genotipo (genotipo II) è stato introdotto nell’Europa continentale, probabilmente a causa del trasporto di materiale infetto, con focolai in Georgia, Armenia, Azerbaigian nonché Russia europea, Ucraina e Bielorussia. Da questi paesi la malattia si è diffusa all’Unione europea: nel 2014 sono stati segnalati i primi casi in Lituania, Polonia, Lettonia ed Estonia; nel 2017 la malattia è stata segnalata in Repubblica Ceca e in Romania; nel 2018 è comparsa in Ungheria, Romania, Bulgaria e Belgio; nel 2020 è arrivata anche in Germania. Nel 2023 ha raggiunto anche la Svezia.

Per quanto riguarda il nostro Paese, all’inizio del 2022, la presenza del virus della PSA genotipo 2 è stata confermata nel Comune di Ovada in provincia di Alessandria, nel cinghiale. Da allora, l’infezione si è diffusa in parte della Liguria, del Piemonte, della Lombardia dell’Emilia Romagna e della Toscana, ed è comparsa anche a notevole distanza in Lazio, Campania e Calabria. Oltre al cinghiale, sono stati interessati anche allevamenti di suini.

La situazione epidemiologica in Italia, così come in Europa e nei Paesi asiatici, è in evoluzione, ma va sottolineato che, in particolare nelle popolazioni selvatiche, il controllo dell’infezione è estremamente difficoltoso dal punto di vista tecnico. Di fatto, attualmente solo la Repubblica Ceca e il Belgio, aree in cui il virus è stato introdotto in modo puntiforme tramite fattore umano, hanno eradicato la PSA nel cinghiale grazie alla tempestiva rilevazione del virus nella popolazione selvatica, concentrando così le risorse e gli sforzi su un’area infetta di piccole dimensioni.

La situazione epidemiologica nel nostro Paese può essere approfondita consultando il Bollettino epidemiologico nazionale.

Bollettino epidemiologico sulla PSA in Italia »
La sorveglianza passiva nel cinghiale

Nei confronti della PSA, dati gli evidenti sintomi e soprattutto l’elevata mortalità di cui è causa nei suidi domestici e selvatici, è essenziale l’attivazione di un sistema di sorveglianza passiva, innanzitutto allargando il più possibile il bacino di persone in grado di sospettarne la presenza, e di segnalare prontamente il sospetto ai Servizi veterinari. In questo senso, i cacciatori possono essere un importante presidio, in virtù della loro costante presenza e della loro diffusione sul territorio

Considerando quanto sopra, qualora la PSA venisse introdotta nella popolazione di cinghiali, osservare sintomatologia in vivo o anche lesioni esterne non sarebbe così facile, ma certamente si potrebbero e dovrebbero osservare mortalità anomale negli animali, con il rinvenimento di carcasse in campo. In caso di peste i soggetti morti spesso sono numerosi, e vengono rinvenuti in un breve lasso di tempo e in un’area anche molto ristretta.

Data l’attuale situazione epidemiologica, a maggior ragione considerando l’imprevedibilità legata al fattore umano, anche nel nostro territorio è essenziale che qualunque cinghiale morto o sintomatico venga prontamente segnalato, al fine di procedere con tempestività alla valutazione e agli accertamenti di laboratorio necessari per confermare la presenza della malattia. Tutti i cinghiali trovati morti dovrebbero essere analizzati per peste suina africana, inclusi quelli deceduti a causa di incidenti stradali.

La segnalazione, anche da parte di comuni cittadini, dovrebbe essere fatta il prima possibile ai Servizi Veterinari dell’Azienda Sanitaria Locale, che si attiveranno per il prelievo. Si raccomanda la massima tempestività nella segnalazione, a maggior ragione se in casi particolarmente sospetti come ad esempio anche un solo cinghiale con evidente difficoltà respiratoria, secrezioni dalle narici e dagli occhi, movimenti scoordinati, vomito-diarrea sanguinolenta, oppure in caso di rinvenimento di due o più cinghiali morti o morenti nello stesso contesto, anche se non presentassero sintomi o lesioni esterne.

Foto di Vittorio Guberti, ISPRA


Precauzioni da adottare

  • Non portare in Italia, dalle zone infette comunitarie, prodotti a base di carne suina o di cinghiale, quali, ad esempio, carne fresca e carne surgelata, salsicce, prosciutti, lardo, salvo che i prodotti non siano etichettati con bollo sanitario ovale.
  • Non portare in Italia prodotti a base di carne suina o di cinghiale, freschi o surgelati, salsicce, prosciutti, lardo da Paesi extra-europei.
  • Smaltire i rifiuti alimentari, di qualunque tipologia, in contenitori idonei e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici.
  • Non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali.
  • Informare tempestivamente i servizi veterinari il ritrovamento di un cinghiale selvatico morto.
  • Per i cacciatori che si recano in aree infette: pulire e disinfettare le attrezzature, i vestiti, i veicoli e i trofei prima di lasciare l’area di caccia; eviscerare i cinghiali abbattuti solo nelle strutture designate; evitare i contatti con maiali domestici dopo aver cacciato.
  • Per gli allevatori: rispettare le norme di biosicurezza, in particolare cambiare abbigliamento e calzature quando si entra o si lascia l’allevamento e scongiurare i contatti anche indiretti con cinghiali o maiali di altri allevamenti; notificare tempestivamente ai servizi veterinari sintomi riferibili alla PSA e episodi di mortalità anomala.

Approfondimenti, link e risorse utili

Centro di referenza nazionale per l’epidemiologia veterinaria, la programmazione, l’informazione e l’analisi del rischio (IZSAM)

Regione del Veneto

Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe)

Materiali di comunicazione IZSVe sulla peste suina africana

Video «Peste suina africana: come evitare di diffonderla»?

Video «Emergenza PSA. Informazioni per gli allevatori»


Brochure «Peste suina africana»

Scarica la brochure »


Flyer «PSA. Quali rischi per l’allevamento di suini»

Scarica PDF volantino »

Peste suina africana (PSA) | Rischi per allevamento suini

Progetti IZSVe sulla peste suina africana

L’IZSVe è coinvolto nei seguenti progetti relativi a peste suina africana:

  • DEATHBOARS, uno studio sperimentale per la sorveglianza e la prevenzione della PSA. Dettagli >
  • PSA-PRINCE, indagine sulla percezione del rischio da PSA nelle categorie di stakeholder della filiera suinicola e del mondo faunistico-venatorio per strutturare interventi di informazione e di comunicazione istituzionale efficaci ai fini del miglioramento delle strategie di prevenzione e controllo. Dettagli >

Centri di riferimento per la peste suina africana

Le attività diagnostiche per la peste suina african vengono svolte dal Centro di referenza nazionale per lo studio delle malattie da pestivirus e asfivirus che ha sede presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche (IZSUM).

Il Laboratorio di riferimento europeo per la peste suina africana (EURL-ASF) si trova in Spagna a Valdeolmos (Madrid).


Referenti IZSVe per la peste suina africana

Denis Vio
Laboratorio patologia e benessere della specie suina
SCT4 – Friuli Venezia Giulia
Tel. 0434 41405
E-mail: dvio@izsvenezie.it
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Carlo Citterio
U.O. Eco-patologia (Belluno)
SCT2 Treviso, Belluno e Venezia di Piave
Tel. 0437 944746
E-mail: ccitterio@izsvenezie.it
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News dall’IZSVe sulla peste suina africana (PSA)

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