Tra il 2012 e il 2015 si verificano alcune morie anomale di cinghiali, superiori alla norma, nella zona al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. Gli animali mostrano lesioni da setticemia e dopo le analisi di laboratorio risultano positivi per Salmonella Choleraesuis. Non troppo distante, nello stesso periodo vengono trovati morti anche due maiali in due allevamenti, che presentano gli stessi segni patologici e identica positività per S. Choleraesuis. Sembrerebbe (quasi) tutto normale, senonché si verifica un fatto inatteso. Anche una persona risulta positiva allo stesso patogeno; siamo in provincia di Bolzano, non proprio dietro l’angolo, fortunatamente la persona se la caverà senza gravi conseguenze.
L’aspetto singolare della vicenda è che S. Choleraesuis è sempre stato considerato un patogeno specie-specifico, che colpisce individui della stessa specie suina – come appunto sono maiali e cinghiali – e non è solito “saltare” verso l’uomo. Fin qui la cronaca. A questo punto si aprono le porte del laboratorio.
I ricercatori della SCS1 – Microbiologia generale e sperimentale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno intuito la correlazione fra i tre episodi: non rimane ora che ricostruire l’identità completa del patogeno e stabilire le relazioni di parentela fra gli isolati per capire se hanno tutti una stessa origine. I risultati sono stati pubblicati su Veterinary Microbiology.
Analisi molecolari e genetiche
Un primo esame diagnostico a livello del fenotipo non si è rivelato sufficiente a caratterizzare il patogeno, cioè a dare un nome preciso al batterio. Si è deciso allora di approfondire la questione con successive analisi molecolari e genetiche che permettono di fare luce là dove le differenze sono più difficili da scovare ma anche più significative. Alla fine ci vorranno quattro metodiche via via più specifiche per dire con certezza che si tratta di Salmonella Choleraesuis var. Kunzendorf.
Nel frattempo i ricercatori hanno cercato di capire se gli isolati fossero imparentati fra loro. Dall’osservazione delle variazioni puntiformi nel genoma di generazioni diverse del patogeno (tecnicamente “polimorfismi a singolo nucleotide” o SNPs), si è visto che i ceppi provenienti dai cinghiali e dall’uomo appartengono a uno stesso gruppo (cluster), a differenza di quelli provenienti dai maiali che mostrano invece una marcata distanza filogenetica. Questa parentela consente di ricondurre l’infezione verificatasi nell’uomo e nei cinghiali a uno stesso focolaio (outbreak) e indica l’esistenza di una possibile via di trasmissione ambientale/alimentare fra le due specie.
Geni di antibiotico-resistenza
I ricercatori hanno infine riscontrato la presenza di geni di antibiotico-resistenza soltanto nel patogeno circolante fra i maiali, una circostanza questa che si può spiegare con l’ipotesi secondo cui la pressione selettiva esercitata dal farmaco utilizzato in allevamento non è mai arrivata all’ambiente selvatico.
Lo studio ha messo in evidenza come la genomica abbia ormai un’importanza decisiva per le indagini epidemiologiche nel settore veterinario. In questa prospettiva, il quadro della ricerca scientifica e sanitaria deve anche necessariamente comprendere la questione dell’antibiotico-resistenza, un fenomeno che incide particolarmente sulla selezione genetica delle comunità microbiche in allevamento e sulla loro virulenza.
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