L’adozione di animali domestici è una pratica sociale diffusa, che modifica la vita di entrambi i soggetti coinvolti con effetti concreti sul benessere dell’animale e sulla qualità della convivenza. Per questo implica responsabilità morali per l’adottante, e richiede una scelta consapevole.
Un recente articolo sulla rivista Biosemiotics firmato da ricercatrici dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con l’Università di Genova e l’Università di Padova, propone una riflessione sull’adozione animale, concependola non come un singolo atto di trasferimento in cui un animale passa da un affidante a un nuovo proprietario, bensì come un processo relazionale e bioetico che inizia ben prima dell’ingresso dell’animale in famiglia, e prosegue nella gestione quotidiana.
La tesi di fondo è che per promuovere relazioni sostenibili e rispettose è necessario riconoscere l’animale come soggetto senziente con bisogni propri, integrare conoscenze etologiche e sviluppare una competenza etica diffusa tra tutti gli attori coinvolti.
Cosa spinge gli umani ad adottare animali domestici?

Un recente articolo sulla rivista Biosemiotics firmato da ricercatrici dell’IZSVe, in collaborazione con le Università di Genova e di Padova, propone una riflessione sull’adozione di animali domestici da parte dell’uomo, concependola come un processo relazionale e bioetico che implica responsabilità morali per l’adottante. Gli autori sottolineano la necessità di gestire le adozioni effettuando una valutazione preliminare delle motivazioni e del contesto di vita dell’adottante, fornendogli competenze pratiche di gestione e conoscenze sui bisogni comportamentali e cognitivi della specie adottata.
Alla base di questa scelta agiscono diversi fattori motivazionali tra i quali la biofilia, ossia la naturale inclinazione umana a cercare contatto con la vita e con altri esseri viventi, e la propensione al parental care, che porta molte persone a prendersi cura di un animale come di un membro della famiglia.
Tuttavia, la decisione su quale specie, razza o canale di acquisizione preferire, è spesso influenzata anche da dinamiche sociali e culturali, come il desiderio di conformarsi a modelli di desiderabilità sociale o di status symbol.
In ogni caso, l’elemento trasversale che accomuna queste scelte resta la ricerca di benessere personale, inteso come miglioramento della propria qualità di vita attraverso la relazione con l’animale, soggetto che contribuisce a co-costruire l’ambiente relazionale e domestico, condizionando a sua volta il benessere umano.
Come gestire le adozioni animali?
L’articolo suggerisce alcune direttrici operative per il processo adottivo. Gli autori evidenziano che la valutazione preliminare delle motivazioni e del contesto di vita dell’adottante, ad esempio attraverso colloqui conoscitivi o brevi indagini sul suo background e sulle aspettative rispetto all’animale, può facilitare abbinamenti più stabili e ridurre il rischio di rinunce o abbandoni.
Allo stesso tempo, è essenziale fornire a chi adotta competenze pratiche di gestione e conoscenze sui bisogni comportamentali e cognitivi della specie adottata, così da favorire una convivenza positiva e il rispetto del benessere animale.
Queste raccomandazioni si inseriscono in un approccio bioetico più ampio, in cui l’adottante, così come tutti gli stakeholder coinvolti nel processo adottivo, sono invitati a sviluppare una consapevolezza morale del proprio ruolo.
Per questo, il paper introduce il concetto di “competenza etica” applicata all’ambito dell’adozione, intesa come la capacità di coniugare conoscenze scientifiche, sensibilità morale e senso di responsabilità. La competenza etica può agire come fattore protettivo nel promuovere relazioni sostenibili nel lungo periodo tra adottante e adottato, basate su rispetto, adattamento reciproco e cura consapevole.
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