Lo scadente livello igienico della lettiera durante il periodo di asciutta, ovvero il periodo di riposo fra due lattazioni nel ciclo produttivo delle bovine da latte, è tra i più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie infiammatorie della mammella (mastiti) nella lattazione successiva.
Per prevenire lo sviluppo di queste mastiti molti allevatori ricorrono attualmente alla profilassi basata su terapie antibiotiche, un metodo che non potrà più essere impiegato a partire dal 2022 poiché aumenta il rischio di sviluppare batteri resistenti agli antimicrobici. L’uso di questi farmaci dovrà essere limitato solo alle bovine ammalate o ad alto rischio d’infezione: sarà quindi indispensabile disporre di strategie con cui individuarle per applicare in modo selettivo i trattamenti.
A sottolineare questi aspetti sono alcuni studi svolti da ricercatori dell’Expertise center nel settore bovino dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che hanno prima indagato i fattori di rischio per lo sviluppo di mastiti derivanti da infezioni contratte nel periodo di asciutta, quindi messo a punto un metodo efficace per selezionare le bovine più a rischio a cui applicare i trattamenti antibiotici, limitando allo stesso tempo sia le infezioni che la quantità di antimicrobici utilizzata in allevamento.
L’uso di antibiotici negli allevamenti bovini

Nel settore delle bovine da latte per ridurre lo sviluppo di mastiti durante il periodo di asciutta molti allevatori ricorrono attualmente a terapie antibiotiche applicate in modo sistematico a tutti i capi: un metodo che aumenta il rischio di sviluppare batteri resistenti agli antimicrobici. È importante quindi elaborare strategie per applicare selettivamente questi farmaci solo alle bovine ammalate o ad alto rischio d’infezione, limitando la quantità di antimicrobici impiegati in allevamento.
L’incremento dei fenomeni di antibiotico-resistenza nei batteri è ormai riconosciuto come un pericolo globale sia nella medicina umana che veterinaria. È pertanto indispensabile in tutti gli ambiti della medicina limitare l’impiego degli antimicrobici, migliorando l’appropriatezza del loro impiego e individuando strategie alternative per il controllo delle malattie batteriche.
Gli allevamenti bovini sono contraddistinti da un minore uso di antimicrobici rispetto ad altri settori zootecnici, anche se prevedono comunque l’utilizzo di principi attivi critici come le cefalosporine di 3° e 4° generazione; queste vengono tuttavia utilizzate esclusivamente per terapie su singoli animali e non a livello metafilattico (cioè come trattamento somministrato a un intero gruppo di animali in seguito alla manifestazione di segni di infezione da parte di alcuni di loro).
Nel settore della bovina da latte è invece ampiamente diffusa la terapia antibiotica “in asciutta”, ovvero la somministrazione di un trattamento antibiotico alle vacche nel periodo di sospensione della produzione di latte, che in genere può variare da 45 a 60 giorni. Questo trattamento è basato sull’applicazione del farmaco alle mammelle degli animali, assieme a un sigillante che protegge la mammella dal contatto con l’esterno.
Attualmente, la maggior parte degli allevamenti di bovine da latte ricorre a questo tipo di trattamento applicandolo in modo sistematico a tutti i capi, indipendentemente dalla presenza di segni clinici di infezione o altre condizioni. Questa pratica comporta però un elevato impiego di antimicrobici, e quindi aumenta il rischio di sviluppare nel tempo batteri resistenti.
La ricerca IZSVe sulle terapie in asciutta nelle bovine da latte
I ricercatori dell’IZSVe hanno condotto alcuni studi sui fattori di rischio per lo sviluppo di mastiti e l’utilizzo di antibiotici nelle bovine da latte durante il periodo di asciutta, in particolare:
- uno studio caso-controllo per valutare i principali fattori di rischio che determinano la comparsa di mastiti conseguenti ad infezioni batteriche in questo momento del ciclo produttivo;
- uno studio di coorte per validare un metodo con cui selezionare per il trattamento antibiotico solo le bovine con infezioni in corso o ad alto rischio di infezione.
Questi studi erano inseriti nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute (RC IZSVE 12/16), il cui obiettivo era valutare possibili strategie per ridurre l’impiego di antimicrobici negli allevamenti bovini.
Fattori di rischio per mastiti in asciutta
Lo studio caso-controllo sui fattori di rischio delle infezioni intramammarie durante il periodo di asciutta è stato svolto su 52 aziende di bovine da latte iscritte all’Associazione Regionale Allevatori del Veneto (ARAV).

Ricercatori dell’IZSVe hanno svolto uno studio su 52 aziende di bovine da latte per individuare i fattori di rischio per lo sviluppo di mastiti durante il periodo di asciutta, ovvero il periodo di riposo fra due lattazioni nel ciclo produttivo delle bovine da latte. Tra i diversi fattori analizzati, l’unico a risultare come statisticamente significativo è stato lo scadente livello di igiene della lettiera.
I fattori di rischio indagati hanno riguardato:
- la modalità di asciugatura degli animali,
- l’utilizzo del sigillante intramammario,
- il tipo di stabulazione,
- le caratteristiche dei box per il periodo di asciutta e preparto,
- le condizioni della lettiera dei box durante il periodo di asciutta,
- la pulizia delle vacche durante il periodo di asciutta,
- la produzione di latte media per capo,
- l’acquisto e la movimentazione di animali.
Le principali problematiche gestionali e strutturali riscontrate nelle aziende sono state:
- l’assenza del box parto (25%),
- le dimensioni inadeguate del box preparto (61,5%),
- il mancato utilizzo del sigillante intramammario (34,6%).
Analizzando i dati raccolti in allevamento, i ricercatori hanno potuto stabilire che le aziende ad elevato rischio di mastiti cliniche conseguenti ad infezioni batteriche contratte durante il periodo di asciutta erano 14 (26,9%), mentre quelle ad elevato rischio di mastiti subcliniche erano 19 (36,5%). L’unico fattore di rischio per lo sviluppo di mastiti risultato come statisticamente significativo è stato lo scadente livello igienico della lettiera.
Trattamento di asciutta selettiva
Lo studio di coorte sull’impiego della terapia antibiotica selettiva è stato effettuato in un’azienda della provincia di Verona con 573 vacche, che produce in media 40 kg di latte capo/giorno; l’azienda stabula le vacche in lattazione su cuccette, mentre le vacche in asciutta su lettiera permanente.
L’obiettivo di questo studio era confrontare il numero di casi di mastite clinica e subclinica entro i primi 60 giorni di lattazione tra due gruppi di vacche:
- un gruppo in cui veniva applicato un trattamento antibiotico sistematico a tutti i capi durante il periodo di asciutta;
- un secondo gruppo in cui veniva applicato il trattamento di asciutta selettiva, ovvero la somministrazione di antibiotici solo alle vacche che presentano segni clinici di infezione ai quarti mammari o altre condizioni, con la sola applicazione del sigillante senza farmaco nelle altre bovine.

Un altro studio dell’IZSVe ha confrontato i risultati di due trattamenti antibiotici applicati durante il periodo di asciutta a gruppi diversi di bovine da latte: uno sottoposto a trattamento antibiotico sistematico, l’altro a trattamento selettivo. Il trattamento selettivo, basato sull’individuazione degli animali a rischio secondo alcune condizioni stabilite dai ricercatori, si è rivelato efficace nel limitare allo stesso tempo sia le infezioni che la quantità di antimicrobici utilizzati.
In particolare le condizioni sui cui si basava l’applicazione del trattamento di asciutta selettiva erano:
- la presenza di uno o più casi di mastite clinica nella lattazione in corso, oppure la persistenza di una conta cellulare alta (>200.000) per 2 controlli consecutivi dopo il primo caso di mastite;
- la presenza di un numero elevato di cellule somatiche (>200.000) per due o più controlli consecutivi negli ultimi 5 controlli effettuati prima dell’asciutta.
Le bovine incluse nello studio sono state 154, di cui 76 appartenenti al gruppo con trattamento antibiotico sistematico e 78 al gruppo con trattamento di asciutta selettiva. Di questo secondo gruppo, gli animali trattati solo con sigillante intramammario sono stati 41 (52,6%), mentre quelli trattati anche con terapia antibiotica sulla base dei criteri previsti dallo studio sono stati 37 (47,4%).
In totale i casi di mastite rilevati nelle bovine fresche (cioè al termine del periodo di asciutta) sono stati 23, di cui 12 facenti parte del gruppo a cui era stato applicato il trattamento selettivo e 11 a quello sottoposto a trattamento sistematico. Gli agenti eziologici rilevati con maggior frequenza sono stati Streptococcus uberis (47,8%) e coliformi (13%). I quarti negativi erano il 30%.
La differenza dei casi di mastite clinica fra i due gruppi è stata pari allo 0,9%, mentre quella dei casi di mastite subclinica è stata pari allo 0,1%. In entrambi i casi tali differenze non sono risultate statisticamente significative.
Applicando il trattamento di asciutta selettiva messo a punto dallo studio anziché il trattamento sistematico, la riduzione stimata dei trattamenti effettuati è risultata pari al 52,6%, con una riduzione del consumo complessivo di antibiotico pari al 20,6%.