Di seguito sono riportate le risposte a domande frequenti sull’influenza aviaria pubblicate di recente dall’Istituto Superiore di Sanità, con l’aggiunta di una domanda/risposta circa la disponibilità di vaccini per questa malattia redatta dal Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe).
Con il termine influenza aviaria si definisce una infezione virale che si verifica principalmente negli uccelli. In particolare, gli uccelli selvatici, soprattutto acquatici, sono il veicolo principale di diffusione di questi virus, che poi possono essere trasmessi, ad esempio, agli animali da allevamento, provocando danni economici ingenti, e, sporadicamente, all’uomo. I virus aviari hanno una grande capacità di mutare e, recentemente, alcuni di questi ceppi virali sono stati trasmessi anche ai mammiferi, tra cui bovini, e animali da compagnia, in particolare gatti.
Negli ultimi mesi si è parlato molto dei virus aviari, soprattutto per i diversi focolai che si stanno verificando negli USA, che coinvolgono in particolare gli allevamenti di bovini da latte, con centinaia di casi negli animali e alcune decine di contagi nell’uomo, generalmente con sintomatologia lieve, associata per lo più a congiuntivite e talvolta a sintomi che coinvolgono le vie respiratorie superiori (qui la pagina del Center for Disease Control (CDC) con gli ultimi aggiornamenti sul tema). Lo scorso 6 gennaio il CDC statunitense ha segnalato il primo decesso in una persona ricoverata per influenza aviaria in Luisiana.
Al momento in Italia non si segnalano infezioni in allevamenti di bovini, mentre, come accade ormai da diversi anni, ci sono stati focolai in allevamenti di volatili analogamente ad altri paesi europei (qui i bollettini periodici dell’ECDC).
La maggior parte dei virus aviari è relativamente innocua per l’uomo, tuttavia qualche ceppo virale può presentare mutazioni che aumentano il potenziale di infettare altre specie, compreso l’uomo. I casi umani possono essere asintomatici o con sintomi lievi. Al momento non c’è nessuna conferma della possibilità di una trasmissione da uomo a uomo dei virus aviari, e non sono stati riportati casi nell’uomo nell’Unione Europea. Secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), ad oggi il rischio infezione per la popolazione generale è basso e può diventare moderato solo per i lavoratori o altro personale esposto in un allevamento in cui siano presenti casi confermati.
In Italia la sorveglianza dei virus dell’influenza aviaria negli animali è affidata ai Servizi Veterinari. Il Ministero della Salute progetta, coordina e monitora le attività previste dal Piano nazionale di sorveglianza per l’influenza aviaria, con il supporto scientifico e tecnico del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria ospitato presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). I Servizi Veterinari delle Regioni/PPAA svolgono le attività del Piano attraverso le ASL/ULSS, responsabili dell’attuazione dei protocolli di campionamento nei volatili domestici e selvatici, e gli Istituti Zooprofilattici responsabili dell’esecuzione dei test diagnostici.
La sorveglianza nel pollame e nell’avifauna si basa su un sistema di sorveglianza attivo, con controlli sugli animali in vita, abbinato a un sistema di individuazione precoce della malattia tramite una sorveglianza passiva su animali con sintomi sospetti o deceduti secondo le disposizioni, criteri e linee guida di Regolamenti della Commissione UE. La sorveglianza della circolazione dei virus dell’influenza nell’uomo è coordinata dall’ISS e viene effettuata attraverso la rete RespiVirNet che si basa su medici e pediatri sentinella e che monitora l’andamento delle sindromi simil influenzali (ILI) causate da influenza e da altri virus respiratori sul territorio italiano. Questa rete, prima dedicata esclusivamente all’influenza, è in grado ora di monitorare gran parte dei virus respiratori e fornisce settimanalmente i dati epidemiologici e virologici. La rete attualmente è costituita da 28 laboratori nelle diverse Regioni/PPAA e dall’Istituto di Scienze Biomediche della Difesa (ISBD)-Ministero della Difesa. Oggi, questa rete è in grado di rilevare anche eventuali possibili casi di infezione da virus aviari nella comunità.
Nell’ultimo anno, nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero della Salute (CCM), esperti dei due sistemi di sorveglianza collaborano per assicurare il rapido scambio di informazioni, per rafforzare il monitoraggio della circolazione dei virus dell’influenza aviaria e della sua possibile trasmissione all’uomo, in un’ottica One Health. La rete coinvolge diverse istituzioni tra cui ISS, IZSVe, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università di Parma, Università di Bari, Università delle Marche, Istituto di Scienze Biomediche della Difesa-Sezione di Patogeni Inusuali.
I risultati, aggiornati settimanalmente, delle attività di sorveglianza negli animali sono consultabili al seguente link: https://www.izsvenezie.it/temi/malattie-patogeni/influenza-aviaria/situazione-epidemiologica-HPAI/
I risultati, aggiornati settimanalmente, delle attività di sorveglianza RespiVirNet sono consultabili ai seguenti link: https://respivirnet.iss.it/pagine/rapportoInflunet.aspx
La Commissione UE monitora la situazione dell’influenza aviaria insieme all’European Centre of Disease Prevention and Control (ECDC), alla European Food Safety Authority (EFSA) e all’European Reference Laboratory (EURL) for Avian Influenza. Ci sono regole europee sulle misure da attuare in caso di focolai in animali da allevamento, così come misure di prevenzione e preparedness contro il rischio di casi umani.
La legislazione UE garantisce anche la sorveglianza, la risposta tempestiva e il coordinamento UE in caso di riscontro di casi umani (qui un approfondimento sulle misure).
La principale via attraverso cui è possibile contrarre l’infezione da virus aviari dagli animali è l’inalazione di particelle solide o liquide contaminate dal virus dovuta, ad esempio, all’esposizione ad animali o a prodotti infetti. Secondo l’EFSA non c’è nessuna evidenza che l’influenza aviaria possa essere trasmessa all’uomo mediante consumo di carne contaminata. Inoltre, il rischio di entrare in contatto con prodotti contenenti il virus è minimizzato dalle misure di sicurezza previste dalle normative che, ad esempio, impongono l’abbattimento e lo smaltimento sicuro dei capi degli allevamenti in cui vengono trovati animali positivi. Maneggiando in maniera sicura il cibo, cucinandolo e mantenendo una buona igiene durante la preparazione si possono prevenire eventuali rischi di infezione dovuti alla manipolazione di cibo eventualmente contaminato.
Negli USA, recentemente, sono stati ritirati dei lotti di latte crudo risultato contaminato da virus aviario H5N1. In Italia, al momento, non sono stati trovati bovini infetti da virus aviari. In ogni caso, sono stati già effettuati dei test da parte del Centro di referenza nazionale su oltre 3000 capi bovini in aree in cui erano stati identificati casi nel pollame e negli uccelli selvatici che hanno dato esito negativo.
Non si può escludere un rischio di possibile infezione, se pur considerato basso, per gatti o cani, se, per esempio, vivono a contatto con uccelli infetti. È importante evitare, per quanto possibile, il contatto con uccelli selvatici, in vita o deceduti, soprattutto in aree in cui è stata riscontrata la presenza di virus aviari ed evitare di alimentarli con carne cruda o altri prodotti (es. visceri) provenienti da allevamenti non controllati durante i periodi di circolazione virale
Attualmente esistono vaccini per l’influenza aviaria sviluppati dalle industrie farmaceutiche prevalentemente per il settore veterinario, da utilizzare nelle specie avicole come polli, tacchini e anatre. La vaccinazione può essere un valido strumento per ridurre l’impatto delle epidemie influenzali animali nei casi in cui altre misure risultino poco efficaci. Va considerato però che la vaccinazione nel pollame deve essere autorizzata dal Ministero della Salute, ed è regolamentata da normative nazionali e internazionali che prevedono un uso controllato del vaccino.
In Europa e in altri paesi industrializzati la vaccinazione negli animali è poco utilizzata perché può comportare forti restrizioni alle esportazioni di pollame vivo e prodotti avicoli, e si preferisce combattere le epidemie con misure di controllo dirette (biosicurezza negli allevamenti, monitoraggio aree a rischio, abbattimento degli animali infetti, distruzione di materiale contaminato, controllo delle movimentazioni).
Anche per l’uomo esiste la possibilità di usare vaccini specifici contro l’influenza zoonotica per prevenire l’influenza aviaria. L’uso di questi vaccini su larga scala è previsto solo se l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara che il rischio di una pandemia causata da questi virus è molto alto.
Nella situazione epidemiologica attuale, esistono già diversi ceppi virali vaccinali candidati a essere usati in vaccini contro l’influenza aviaria che potrebbero essere disponibili in circa 6 mesi. I vaccini antinfluenzali zoonotici sono prodotti in modo simile a quelli che vengono usati ogni inverno per prevenire l’influenza stagionale e sono basati su parti del virus che sono state inattivate, in modo che non causino alcuna malattia. I vaccini basati su nuove piattaforme vaccinali, come mRna e vettori virali, non hanno ancora ottenuto l’autorizzazione per i vaccini antinfluenzali.
Mentre il rischio di ammalarsi di influenza aviaria per la popolazione generale è ritenuto ancora molto basso, le persone esposte, come allevatori e veterinari, hanno un rischio maggiore e per questo motivo la Commissione Europea ha dato la possibilità agli Stati membri di fornirsi, se necessario, di un vaccino già disponibile per la profilassi di questa ristretta popolazione contro il virus influenzale H5.