Si è concluso di recente il progetto “Valorizzazione della produzione di ostriche: sperimentazione di allevamenti di ostriche in sistema integrato vallivo e off-shore a basso impatto. Messa a punto di indicatori ambientali e protocolli di produzione applicabili in altri siti potenzialmente produttivi”, finanziato con durata triennale dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF, DG Pemac Prot. 0011064 del 04/07/19) all’interno del Piano strategico per l’acquacoltura 2014-2020. Il progetto è stato realizzato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) con la collaborazione dei partner AQUATEC SRL, Compagnia ostricola mediterranea e LO VASTO Consulenza ambientale.

loghi dei partner del progetto MiPAAF allevamenti ostriche in valli e off-shore

Obiettivo di questa ricerca è stato la messa a punto di diverse modalità di allevamento di ostrica concava, sperimentato in ambienti con caratteristiche molto diverse tra loro: la valle da pesca e l’allevamento off-shore (in mare), per verificarne la possibile integrazione nel ciclo produttivo e le rese finali. Intento ultimo è stato quello di identificarne le principali caratteristiche per poter proporre questo progetto come modello pilota, esportabile anche in altri potenziali siti produttivi.

Ad oggi non ci sono precedenti di allevamento di ostriche in ambiente vallivo. Tale ambiente è tipico delle aree costiere del nord Adriatico, legate alla presenza di acqua salmastra. Tra Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna sono presenti ben 150.000 ettari di aree vallive e zone umide. Le valli da pesca, ambienti artificiali creati in origine con la finalità di essere dedicati all’allevamento estensivo di alcune specie di pesci come branzino, orate e cefalo, sono oggi prevalentemente oggetto di un’altra attività, la caccia agli anatidi, più remunerativa rispetto alla ittio-vallicoltura, ormai quasi abbandonata. L’ambiente vallivo, per la presenza di argini con vegetazione, basso livello dell’acqua (intorno al metro) ubicazione lontana da insediamenti umani, acqua salmastra ricca di fitoplancton e nutrienti, genera un ecosistema con una diversità biologica unica nel suo genere. Tuttavia, se venisse a mancare il continuo intervento del vallicoltore per la manutenzione e pulizia del vallum (argine) e dei canali di apporto e deflusso dell’acqua, la valle sarebbe destinata a scomparire e con essa il patrimonio ittiofaunistico e paesaggistico collegato.

Anche la caccia in generale, compresa quella di valle, negli ultimi decenni sta però diminuendo; l’età media dei cacciatori è aumentata e si aggira sui 70 anni e recenti indagini evidenziano che questo tipo di sport-passione è stato abbandonato dalle nuove generazioni. Dati Istat e Federcaccia infatti evidenziano che a livello nazionale emerge che i cacciatori italiani erano 1.701.853 nel 1980 (3% dell’allora popolazione italiana), 1.446.935 nel 1990 e 543.795 nel 2017. In quest’ottica, l’intento della ricerca è quello di recuperare e rilanciare il patrimonio ecologico vallivo proponendo attività integrate e/o alternative all’itticoltura ed alla caccia, come l’ostricoltura intensiva.

Nelle fasi preliminari sono stati eseguiti sopralluoghi in alcuni ambienti vallivi dove è stata riscontrata la presenza di esemplari selvatici di C. gigas, di pezzatura riferibile ad almeno due-tre anni di vita, conferma che oggi l’areale di questa specie, naturalizzata ormai da tempo (anno 1971, prima segnalazione di Ghisotti in alto Adriatico), si è spinto fino a questi ambienti. In effetti, i valori di salinità ottimali per la crescita di C. gigas sono compresi tra il 20 al 25%o, anche se questa specie è in grado di tollerare salinità inferiore al 10%o e superiore al 35%o, condizioni che tuttavia ne compromettono la riproduzione. Anche il range termico di sopravvivenza è piuttosto ampio, da -1,8°C fino a 35°C. Tutte queste caratteristiche rendono l’allevamento dell’ostrica concava compatibile con l’ambiente vallivo.

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