Storicamente, la zootecnia di montagna si è sempre fondata sull’allevamento di animali di razze rustiche, autoctone, ben adattabili alle caratteristiche agronomiche di un ambiente caratterizzato da pascoli e prati d’alta quota.
Secondo il rapporto della FAO The State of the World’s Animal Genetic Resources (2007) dal 2000 si sta estinguendo in media una specie animale al mese, e il 20% circa delle razze autoctone bovine, ovine, suine, avicole è a rischio di estinzione. È il caso di alcune razze bovine di montagna, come la Grigio Alpina e la Burlina, che non essendo molto produttive sono state gradualmente sostituite con razze cosmopolite selezionate per rese maggiori (Frisona o Bruna).
Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, è notevolmente cresciuto l’interesse dei consumatori nei confronti dei prodotti tipico-tradizionali, alla ricerca di autenticità e di qualità legate alla tradizione e al territorio d’origine. In questa prospettiva, recuperare il legame con il territorio e le razze autoctone consente di aggiungere un elemento di valore alle produzioni tradizionali.
La ricerca IZSVe
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, coordinati dalla sezione territoriale di Trento, ha studiato un sistema di tracciabilità genetica in grado di valorizzare le produzioni locali ottenute dalle razze bovine Grigio Alpina e Burlina (RC IZSVe 18/2011), rendendole distinguibili dalle produzioni industriali, allo scopo di tutelare i piccoli produttori e i consumatori garantendo la veridicità delle informazioni riportate in etichetta.
Il sistema di tracciabilità proposto si basa sul DNA poiché le sue caratteristiche intrinseche permettono di superare i limiti dei sistemi convenzionali di autenticazione e tracciabilità dei prodotti alimentari su documentazioni cartacee. Lo studio del DNA permette infatti di identificare gli animali e i prodotti da essi ottenuti, e in alcuni casi di ricondurli a specifiche razze.
Essendo impossibile contraffare il DNA, la tracciabilità genetica può essere utilizzata come strumento di valorizzazione delle produzioni tipiche locali e di tutela della sicurezza alimentare. Le differenze nucleotidiche che il DNA evidenzia costituiscono infatti un’etichetta indelebile ed inalterabile che accompagna l’animale dalla nascita fino al piatto del consumatore: analizzando il DNA estratto da una bistecca è possibile risalire alla specie animale, alla razza e addirittura all’individuo da cui questa è stata ottenuta.
Per le specie animali di maggior interesse zootecnico, tra cui i bovini, è stata stilata dalla FAO e dall’International Society for Animal Genetics (ISAG) una lista di 30 microsatelliti. I microsatelliti pur non codificando per nessun carattere, sono sequenze specifiche molto frequenti nel DNA genomico e presentano un alto grado di polimorfismo (molte varianti alleliche). Proprio per questo possono essere utilizzati con successo anche per impostare sistemi di tracciabilità genetica.
La tracciabilità genetica
La tracciabilità genetica presenta vari livelli di identificazione: tracciabilità individuale e tracciabilità di razza.
- La tracciabilità individuale permette di ricondurre un prodotto di origine animale al singolo soggetto da cui è stato ottenuto, utilizzando marcatori del DNA quali microsatelliti o SNPs (Single Nucleotide Polymorphism). Analizzando il DNA con marcatori microsatelliti si ricava un profilo genetico (genotipo) specifico per ciascun individuo: si può parlare di “impronta digitale” del DNA. Ovviamente, più microsatelliti si analizzano e più difficile sarà trovare due individui che presentino lo stesso genotipo. Per le analisi di tracciabilità genetica degli animali e in particolare dei bovini si possono utilizzare i 30 microsatelliti individuati dall’ISAG e dalla FAO.
- La tracciabilità di razza mira invece ad assicurare l’origine dei prodotti derivati da un particolare razza, come la Spressa di razza Rendena, la fiorentina di Chianina, il formaggio pecorino di sola razza Massese, il Parmigiano Reggiano di sola razza Reggiana. Il marcatore ideale deve essere “razza specifico”, ovvero avere una “variante” del DNA che è sempre presente in una razza e sempre assente nelle altre. Trovare un marcatore simile è molto difficile, tra i marcatori utilizzati a questo scopo vi sono ad esempio i geni che codificano per il colore del mantello, per la pezzatura o per la presenza di corna. In alternativa, i microsatelliti possono rilevarsi utili anche in questo caso, tuttavia i profili genetici ottenuti devono essere elaborati statisticamente per effettuare delle “assegnazioni di razza”.
L’esperimento
Per lo studio sono stati utilizzati i 30 microsatelliti ISAG/ FAO, per la loro ampia diffusione nel DNA genomico e per il loro elevato grado di polimorfismo. Sono stati analizzati campioni di oltre 100 animali (sangue intero e muscolo), tutti iscritti al libro genealogico e provenienti da diversi allevamenti ben distribuiti nel territorio del Trentino-Alto Adige.
Il campionamento è stato impostato in modo da riuscire a “raccogliere” tutta la variabilità presente nella razza e a rappresentare la popolazione per ottenere un database di frammenti di DNA con il profilo genetico di ogni individuo. Per valutare l’efficacia del sistema di tracciabilità di razza sono stati confrontati campioni di sangue provenienti da animali di altre razze, di cui alcuni meticci (n=9), analizzati con gli stessi marcatori microsatellite. Il 100% di essi è stato classificato come non di razza Grigio Alpina.
Tali marcatori sono stati poi utilizzati per mettere a punto un sistema di tracciabilità individuale delle carni appartenenti alle razze Grigio Alpina e Burlina. In questo caso sono stati valutati diversi set di microsatelliti formati da un diverso numero di marcatori, evidenziando che il sistema era efficace anche con meno di 30 microsatelliti.
Per la razza Grigio Alpina è emerso che la probabilità che i profili genetici di due individui fossero identici – per quella che in ambito forense viene definita una “sfortunata coincidenza” – era di 1 su 12 milioni, utilizzando solo undici marcatori anziché trenta. È stata infine allestita una “prova di campo” per verificare il sistema di tracciabilità. Sono stati analizzati campioni di sangue di animali di razza Burlina prelevati in azienda, prima di essere inviati al macello.
Successivamente sono stati prelevati dei campioni di muscolo al macello dagli stessi animali e processati mediante estrazione e analisi del DNA. I profili genetici ottenuti sono stati confrontati confermando che i campioni, prelevati in momenti diversi, corrispondevano allo stesso individuo.
Questa prova ha permesso di verificare l’efficacia dell’indagine genetica su campioni prelevati al macello, valutando anche la risposta del test in presenza di probabili contaminazioni da DNA legate a eventuali spruzzi di materiale biologico, manipolazioni da parte degli operatori, gestione delle carcasse e dei campioni. Uno strumento di questo tipo potrebbe rivelarsi utile per riconoscere eventuali frodi legate a scambio di animali o altre contraffazioni.
Conclusioni
Si può affermare che, nonostante la tecnologia basata sullo studio dei microsatelliti sia un po’ datata, essi rappresentano ancora un valido strumento per l’identificazione individuale. Del resto, sono tutt’oggi impiegati in medicina forense in campo umano per l’identificazione degli individui o per i controlli di paternità.
Sviluppare un metodo che leghi le razze ai loro prodotti potrebbe contribuire a migliorare la redditività delle razze autoctone e, di conseguenza, la sostenibilità delle produzioni zootecniche con un benefico impatto per gli allevatori. Per le produzioni tipiche e locali legate a razze del territorio e ad una sapiente tradizione di trasformazione, lo sviluppo di sistemi di tracciabilità può assumere una funzione importante nel garantire l’origine e nel promuovere le produzioni.
Altri approfondimenti
- Bovini (Temi > Animali)