Pubblicati da Eurosurveillance i risultati di uno studio congiunto Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Edmund Mach e Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Il rischio che, a seguito del ritorno di passeggeri infetti, il virus Zika possa diffondersi in Triveneto, soprattutto nelle aree Alpine, è da ritenersi basso. A dirlo è uno studio condotto da ricercatori della Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Edmund Mach e Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, pubblicato sulla rivista Eurosurveillance.

Lo studio, finanziato dalla Provincia di Trento nell’ambito del progetto LEXEM, è stato reso possibile grazie al monitoraggio di 54 siti sparsi nelle province di Trento e Belluno. Questi risultati non escludono la possibilità di osservare in futuro casi sporadici di trasmissione locale a seguito di casi importati dalle aree endemiche.

Nel 2015 si è registrata la più grande epidemia di virus Zika, un patogeno che può essere trasmesso da varie specie di zanzare, tra cui la zanzara tigre (Aedes albopictus). Finora l’epidemia ha interessato la maggior parte dei paesi del Sudamerica e dell’America Centrale, ma l’alto flusso di viaggiatori da e per l’America centrale e meridionale pone un potenziale rischio anche per i paesi Europei.

Il basso rischio di diffusione in Trivento è dovuto alla densità relativamente bassa di zanzara tigre in questa zona, non paragonabile a quella osservabile in altre aree del territorio nazionale, inclusa la Pianura Padana. Inoltre, la zanzara tigre si è rivelata essere meno adatta a trasmettere il virus Zika, contrariamente alla zanzara Aedes aegypti (una specie simile alla zanzare tigre) che è la principale responsabile della trasmissione dell’infezione in Sudamerica, ma che non è presente in Italia.

Secondo Gioia Capelli, veterinaria e parassitologa dell’IZSVe, coautrice dell’articolo, «le stime sulla competenza della zanzara tigre nel trasmettere il virus Zika devono essere ulteriormente validate da studi condotti su popolazioni di zanzare europee».

Proseguiranno quindi le attività di monitoraggio e ricerca scientifica su queste specie aliene invasive, il cui impatto è destinato ad aumentare nei prossimi anni a causa della globalizzazione e dei cambiamenti climatici.

Leggi l’articolo su Eurosurveillance »