Quali sono le abitudini di acquisto, le percezioni e le preoccupazioni per il benessere animale dei consumatori italiani per quanto riguarda la carne di coniglio? L’Italia è tra i primi cinque produttori di carne di coniglio al mondo; tuttavia, il consumo di coniglio negli ultimi anni è diminuito. Uno studio dell’Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZSVe) ha indagato le conoscenze e le percezioni dei consumatori sulla produzione e il consumo di carne di coniglio e sul benessere animale in allevamento. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Foods.
Nello studio è stato applicato un approccio di ricerca sociale misto: qualitativo e quantitativo. Durante la prima fase della ricerca sono stati realizzati 4 focus group che hanno coinvolto un campione di 32 consumatori di carne di coniglio, suddivisi in base all’età (<50; >50) e alla frequenza di consumo (occasionale o abituale). Le discussioni si sono svolte in tre città (Padova, Vicenza e Bologna) tra dicembre 2018 e gennaio 2019.
La seconda fase del progetto ha previsto la realizzazione di una survey nazionale online indirizzata a 1.001 consumatori di carne selezionati per genere, classi di età e area geografica di residenza. La somministrazione è stata condotta a gennaio 2019.
Il consumo di carne di coniglio in Italia
Rispetto alle altre tipologie di carne (pollame, carne bovina e carne suina) i dati raccolti confermano un basso consumo di carne di coniglio: ogni tanto (1-2 volte al mese) il 28,8%, raramente (1-2 volte l’anno) il 32,1%. La percezione del coniglio come animali da compagnia (pets), nuovi cambiamenti nello stile di vita e abitudini alimentari dei consumatori possono essere considerate tra i principali fattori che orientano questo trend.
Le modalità di preparazione e cottura, descritte come lunghe e laboriose, emergono come ulteriore eventuale difficoltà al consumo del coniglio. Inoltre, si delinea una crescente attenzione e importanza alle questioni etiche relative al benessere degli animali in allevamento.
Circa la metà degli intervistati acquista la carne di coniglio prevalentemente nei supermercati (60,4%) o in macelleria (27,8%); pochi invece quelli che comprano direttamente dall’allevatore e ai mercati di strada. I consumatori preferiscono acquistare il coniglio già tagliato a pezzi, coerentemente con altri studi.
Allevamenti rurali/domestici vs allevamenti industriali
L’allevamento di tipo industriale è associato dal consumatore a un’immagine negativa per l’animale, mentre quello rurale/domestico è indicato come tipologia di allevamento in cui è possibile applicare misure di benessere animale che migliorano la qualità organolettica e la sicurezza della carne.
“Nelle fattorie domestiche, ci vogliono dai sei agli otto mesi per allevare un animale. Un settore fallirà con questa sequenza temporale. Quando si mangia un animale che viene allevato per un lungo periodo, le ossa rimangono attaccate alla carne, il sapore è diverso ed è nel complesso migliore. Le industrie non possono raggiungere questo obiettivo”. (consumatore abituale)
La maggior parte degli intervistati concorda con l’affermazione secondo cui “la carne proveniente da allevamenti industriali è percepita come meno gustosa della carne proveniente da allevamenti non industriali” (81,2%). Inoltre, addirittura il 90,3% ritiene che i metodi di allevamento possano influenzare la sicurezza della carne che consumano, mentre il 56,8% non è d’accordo con l’affermazione “la carne proveniente da allevamenti industriali è più sicura di quella proveniente da allevamenti non industriali”.
I consumatori si dichiarano favorevoli a pagare a un prezzo leggermente più elevato la carne di coniglio, indipendentemente dal costo finale, qualora nell’allevamento di provenienza venissero garantite in primo luogo “misure per la riduzione dell’uso di antibiotici” (70,1%), e a seguire “misure rivolte a ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti” (56,7%), “misure per l’azione di sistemi di allevamento alternativi rispetto a quello intensivo” (55,5%) e attraverso l’implementazione di “condizioni che tutelino il benessere dell’animale” (50,4%).
La condizione del coniglio d’allevamento e il benessere animale
Circa un terzo degli intervistati non sa come avvenga l’allevamento del coniglio a livello industriale, di questi il 41,6% non consuma carne di coniglio.
La gabbia è stata identificata dai partecipanti come la modalità principale di allevamento dei conigli, e viene descritta come piccola e inadatta alla crescita e al movimento dell’animale. Inoltre è stata associata all’uso di mangimi industriali e abuso di antibiotici. Sono emerse anche analogie tra i metodi di allevamento industriale di coniglio e pollame, entrambi definiti sovraffollati e impuri (poco puliti), come luoghi dove gli animali sono forzati a mangiare.
“Considero gli allevamenti di conigli tra i più pericolosi, perché li immagino simili agli allevamenti in batteria per polli. I conigli vengono allevati in gabbia perché sono di taglia più piccola”. (consumatore giovane-occasionale)
I consumatori concordano con l’idea che non vi sono condizioni di benessere animale negli allevamenti intensivi, principalmente a causa della mancanza di spazi adeguati e per le scarse condizioni igieniche.
Il contrasto tra allevamento industriale, definito dai consumatori come intensivo, e quella non industriale, inteso come domestico ed estensivo, è emersa con chiarezza anche durante i focus group. I consumatori più anziani associano immagini maggiormente positive alle modalità di allevamento estensive-domestiche rispetto a quelle industriali-intensive.
“L’allevamento estensivo è il modo in cui i conigli venivano allevati nel paese in passato; i contadini li tenevano all’aperto e liberi di vagare. Tuttavia, questo non era possibile a livello intensivo. Alla fine, dal contadino i conigli facevano la vita dei re”. (consumatore abituale)
I consumatori più giovani, discutendo sulle ragioni che incoraggiano i consumatori a scegliere prodotti che provengono da allevamenti con standard di benessere animale, hanno convenuto che tale scelta è principalmente legata alla tutela della salute dei consumatori, in quanto gli animali allevati secondo benessere animale sono percepiti come sani e la loro carne è considerata più sicura e di alta qualità.
Informarsi e informare
Gli intervistati hanno dichiarato che il loro interesse per i metodi di allevamento degli animali negli ultimi anni è aumentato. Fra coloro che acquistano carne di coniglio, molti cercano informazioni sui metodi di allevamento in etichetta (44,1%), che risulta essere lo strumento più utilizzato, oppure chiedendo direttamente al venditore/allevatore (25,2%); il 28,4% dichiara di non cercare informazioni.
Per i consumatori è importante che il coniglio “sia stato allevato con un uso responsabile degli antibiotici”, “che abbia un bell’aspetto”, “che sia stato allevato senza sofferenze”, dunque sarebbe auspicabile l’aggiunta di informazioni supplementari relative a questi aspetti in etichetta.
I risultati ottenuti potrebbero essere utili al settore della produzione di carne di coniglio nel riconoscere le richieste dei consumatori e sensibilizzare gli operatori sull’uso di sistemi di allevamento basati sul benessere degli animali. Questo potrebbe avere ricadute positive non solo per i produttori stessi, ma anche per i consumatori e gli animali allevati. L’adozione di metodi di allevamento alternativi (es. nuove gabbie più ampie) e il miglioramento delle condizioni ambientali degli animali contribuirebbero attivamente allo sviluppo di una percezione positiva dei consumatori rispetto alle modalità di allevamento del coniglio.
L’utilizzo inoltre di una etichetta contenente maggiori informazioni sulle modalità di allevamento e sugli standard di benessere animale potrebbe essere un valido strumento per incrementare la fiducia del consumatore nei confronti dell’intera filiera.
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