Allevamento avicoli

Ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno osservato e analizzato le modifiche del microbiota ciecale dei polli da carne nelle prime settimane di vita per identificare precocemente cambiamenti che predispongono potenzialmente alla colonizzazione dell’intestino da parte del batterio Campylobacter.

Ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno osservato e analizzato le modifiche del microbiota ciecale dei polli da carne nelle prime settimane di vita per identificare precocemente cambiamenti che predispongono potenzialmente alla colonizzazione dell’intestino da parte del batterio Campylobacter.

Lo studio delle interazioni tra batteri patogeni e microbiota intestinale rappresenta un approccio relativamente nuovo ma estremamente interessante, perché consente di comprendere meglio alcune dinamiche ecologiche che sono alla base dell’infezione“Le informazioni che provengono dal microbiota possono rappresentare uno strumento molto utile per migliorare le strategie di controllo del Campylobacter in allevamento e ridurre il rischio di trasmissione della malattia nell’uomo” – spiega Antonia Ricci, responsabile scientifico della ricerca (RC IZSVe 04/2013), finanziata dal Ministero della Salute.

Il Campylobacter costituisce infatti la causa della tossinfezione alimentare più frequente in Europa, la campylobatteriosi. Gli alimenti di origine animale, in particolare la carne di pollo, sono i veicoli principali di questo patogeno che può colonizzare l’intestino degli animali in allevamento

L’infezione da Campylobacter di solito si verifica nella fase compresa tra le 3 e le 5 settimane di età del pollo. Lo schema di campionamento applicato nell’ambito del progetto, ovvero i giorni di vita degli animali identificati come il momento opportuno per il prelievo dei campioni, era mirato a cogliere la dinamica dell’infezione che, si sviluppa generalmente in modo rapido.

L’applicazione di tecniche di sequenziamento di nuova generazione, come il Next Generation Sequencing (NGS) è risultata vincente proprio perché ha mostrato che la dinamica dell’infezione da Campylobacter è strettamente correlata alle modificazioni del microbiota.


Profili microbici differenti

Sono stati selezionati e monitorati nel tempo 6 allevamenti di polli da carne (4 positivi e 2 negativi a Campylobacter spp.). È emersa la presenza di profili microbici differenti negli allevamenti positivi rispetto a quelli negativi, come se gli animali provenienti da questi ultimi avessero la capacità intrinseca di resistere allo sviluppo dell’infezione da Campylobacter.

Ai fini dello studio sono stati selezionati e monitorati nel tempo 6 allevamenti di polli da carne (4 positivi e 2 negativi a Campylobacter spp.), appartenenti alla medesima filiera e caratterizzati da analoghe modalità di gestione degli animali.

Dai risultati è emersa la presenza di profili microbici differenti negli allevamenti positivi rispetto a quelli negativi, come se gli animali provenienti da questi ultimi avessero la capacità intrinseca di resistere allo sviluppo dell’infezione da Campylobacter. In particolare:

  • i campioni derivanti dagli allevamenti negativi mostrano con maggiore frequenza il genere Bacteroides e le famiglie delle Ruminococcaceae e le Lachnospiraceae come prevalenti;
  • i campioni derivanti dagli allevamenti positivi mostrano come famiglie prevalenti le Ruminococcaceae e le Bacteroidaceae;
  • il numero di campioni che presentano prevalenza di microrganismi appartenenti all’ordine Ruminococcus decresce nel tempo.

L’analisi della diversità ha evidenziato differenze significative sia in termini di numero di specie batteriche identificate, sia in termini di diversità tra le tipologie di batteri identificati negli animali appartenenti ad allevamenti negativi per Campylobacter rispetto a quelli positivi. Inoltre i dati indicano una maggiore uniformità nella composizione del microbiota in campioni appartenenti ad allevamenti negativi.

Sono state anche studiate le relazioni esistenti tra le tipologie batteriche identificate sia negli allevamenti positivi che in quelli negativi, al fine di definire le interazioni che promuovono e quelle che inibiscono l’infezione da Campylobacter. I risultati hanno evidenziato la presenza di importanti differenze tra animali infetti e non:

  • animali derivanti da allevamenti negativi: il 59,4% delle interazioni esistenti tra i batteri del microbiota erano inibenti nei confronti di Campylobacter, non consentivano cioè la diffusione del patogeno;
  • animali derivanti da allevamenti positivi: il 56,7% delle interazioni esistenti tra i batteri del microbiota promuovevano la colonizzazione da parte di Campylobacter.
campylobacter

In particolare i ricercatori hanno notato che la presenza di Fecalibacteria e Bifidobacteria favorisce lo sviluppo (positivizzazione) di Campylobacter spp, mentre all’aumentare dei Lactobacillus corrisponde una diminuzione di Campylobacter spp. I risultati dello studio aprono un promettente scenario: la possibilità di usare alcune specie batteriche come probiotici negli animali sensibili all’infezione.

In particolare i ricercatori hanno notato che la presenza di Fecalibacteria e Bifidobacteria favorisce lo sviluppo (positivizzazione) di Campylobacter spp, mentre all’aumentare dei Lactobacillus corrisponde una diminuzione di Campylobacter spp.


Strategie per la riduzione del rischio

Lo studio ha restituito importanti informazioni per ampliare le conoscenze nell’ambito dell’epidemiologia dell’infezione da Campylobacter nei polli da carne, grazie all’utilizzo di tecnologie di analisi di nuova generazione che permettono di osservare la composizione batterica nella sua complessità.

Questi risultati aprono un promettente scenario per la definizione di misure di controllo in grado di ridurre la prevalenza di Campylobacter in allevamento, per esempio selezionando delle specie batteriche tipiche di animali con bassa probabilità di acquisire l’infezione, che potrebbero venire successivamente impiegate come probiotici negli animali sensibili all’infezione.

In una prospettiva “From farm to fork” un controllo più mirato del patogeno negli animali potrebbe contribuire a ridurre il rischio di infezione anche nel consumatore, fatte salve le altre misure igienico-sanitarie applicate lungo tutta la filiera produttiva.