Dopo il mar Tirreno il Clostridium difficile è stato ritrovato anche nelle acque di Veneto e Friuli Venezia Giulia, in cozze e vongole.
Un’indagine condotta da ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) nel periodo 2015-2017, recentemente pubblicata sulla rivista International Journal of Food Microbiology, ha accertato la presenza del microrganismo nell’Alto Adriatico e i risultati meritano una certa attenzione.
Degli oltre 700 campioni analizzati, l’11,6% delle cozze e il 23,2% delle vongole sono risultati positivi, spesso anche con ceppi di C. difficile di particolare rilevanza clinica per l’uomo, come confermato dalle analisi molecolari eseguite in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
Questo risultato si giustifica con l’elevata antropizzazione e con l’elevata densità di allevamenti nelle regioni prospicienti le aree marine in cui è stato effettuato il campionamento.
Contaminazione ambientale
Clostridium difficile è un batterio che, grazie alla produzione di particolari tossine, può causare nell’uomo la colite pseudomembranosa, una patologia ben conosciuta nei nostri ospedali e da non sottovalutare, specie negli anziani. In presenza di ossigeno dà origine a spore, che rappresentano delle forme di sopravvivenza caratterizzate da resistenza particolarmente elevata, anche al calore.
A differenza di quanto avviene nell’uomo, gli animali, con poche eccezioni, sono spesso portatori sani di C. difficile a livello intestinale. Uomo e animali sono tuttavia accomunati dall’eliminazione con le feci di spore di C. difficile, e in tal modo, tramite i reflui urbani e zootecnici, possono contaminare le acque dei fiumi che successivamente si riversano in mare.
La contaminazione antropica e zootecnica dell’ambiente, in questo caso marino, può riflettersi, pertanto, nella contaminazione dei cosiddetti molluschi eduli lamellibranchi, ovvero di quelle specie di molluschi racchiusi all’interno di una conchiglia, che si nutrono filtrando l’acqua marina rimanendo sulla sabbia del fondale, come fanno le vongole, o appesi a distanza dal fondale, come succede per le cozze allevate. Questi molluschi, infatti, filtrando l’acqua possono accumulare le spore di C. difficile.
Consumare i molluschi bivalvi solo se cotti
I risultati di questa indagine, preliminari ad ulteriori studi di valutazione del rischio, non devono tuttavia allarmare: perché nell’uomo si manifesti la colite pseudomembranosa non è sufficiente mangiare alimenti contaminati con le spore di C. difficile, ma sono richieste condizioni predisponenti quali alterazioni della flora intestinale, generalmente causate dall’assunzione di antibiotici per via orale o di farmaci che alterano il pH gastrico, unitamente all’età avanzata. Questa patologia, infatti, colpisce prevalentemente gli anziani e in particolare quelli che assumono giornalmente farmaci contro l’acidità gastrica e/o antibiotici.
In ogni caso i risultati suggeriscono qualche precauzione. Si conferma l’importanza di consumare molluschi sottoposti a trattamento di depurazione o provenienti da aree di allevamento a mare. Il consumo di molluschi crudi o poco cotti va sicuramente evitato, in quanto espone a rischi sanitari di vario tipo, non solo nei confronti di C. difficile, a maggior ragione se i consumatori sono anziani sottoposti a terapie che possono influire sull’equilibrio della loro flora intestinale.
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