Se chiedeste a un’adolescente quali sono le bevande che preferisce, probabilmente il latte sarebbe ai primissimi posti. Fresco o a lunga conservazione, l’oro bianco è in cima ai gusti dei giovani italiani, tanto che 8 su 10 lo bevono abitualmente ogni mattina.
Un alimento che viene rappresentato come salutare e benefico, ma attorno a cui le conoscenze scientifiche e la consapevolezza dei rischi per il consumatore sono ancora lacunose. È il caso per esempio del latte crudo, che gli intervistati considerano “più naturale” e “più sano” di quello confezionato, da consumare senza ulteriori trattamenti.
A dirlo è una ricerca finanziata dal Ministero della Salute (RF 02/2008) condotta dall’Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie su un campione di studenti di età compresa fra i 16 e i 18 anni, residenti sul territorio nazionale.
I ricercatori dapprima hanno scattato una fotografia dell’universo “latte” così come emerge dalle percezioni, dalle conoscenze e dalle abitudini di consumo dei ragazzi. Quindi hanno sviluppato uno strumento di comunicazione del rischio correlato al consumo di latte e latte crudo attraverso la costruzione di un videogioco educativo, per far conoscere ai ragazzi i punti critici e sensibilizzarli a un consumo critico.
Latte crudo in Italia
In Italia la vendita di latte crudo attraverso distributori automatici è stata autorizzata nel 2004. Tale modalità di acquisto ha riscontrato un certo apprezzamento tra i consumatori non solo a causa dei prezzi, inferiori rispetto a quelli del latte venduto nei supermercati, ma anche perché viene riconosciuto in questo prodotto un alimento genuino e legato al territorio.
L’introduzione dei distributori aveva fatto emergere alcune problematiche sanitarie, a seguito di alcuni focolai di Escherichia coli produttore di verocitotossina (VTEC) associati al consumo di latte crudo, e al verificarsi di casi di sindrome emolitico uremica (SEU) in soggetti a rischio come i bambini.
Il Ministero ha quindi stabilito (O.M. 10/12/2008) che i distributori devono riportare l’indicazione che il latte crudo è da consumarsi previa bollitura, misura indispensabile per eliminare l’eventuale presenza di agenti patogeni.
Dal censimento nazionale del Ministero della Salute risultano registrati 957 distributori automatici, la maggior parte concentrati nel Nord della penisola (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte), mentre al Sud la presenza è pressoché nulla.
Percezioni, conoscenze e abitudini
Durante la prima fase esplorativa della ricerca, di tipo qualitativo, che ha coinvolto 12 scuole secondarie di secondo grado delle province di Roma, Padova, Palermo e Torino, i ragazzi hanno compilato un questionario sulle loro abitudini alimentari, la percezione del rischio alimentare, i mezzi che utilizzano per informarsi sulle questioni alimentari, e sulle conoscenze specifiche sui pericoli eventualmente veicolati dal latte e dal latte crudo in particolare.
Gli studenti hanno rivelato scarse conoscenze circa le caratteristiche delle varie tipologie di latte che abitualmente consumano in famiglia (crudo, fresco, pastorizzato, sterilizzato), come anche rispetto al corretto consumo del latte crudo prelevato dai distributori automatici.
Quest’ultimo è considerato “più naturale”, “non trattato” e per questo “più sano” e da consumare senza ulteriori trattamenti, oppure potenzialmente infetto perché “Non sai mai come puliscono le cisterne”.
Le sommarie conoscenze su questo alimento hanno evidenziato l’importanza di una comunicazione del rischio mirata e in grado di influenzare la percezione dei rischi alimentari favorendo l’adozione di abitudini alimentari corrette.
A fronte del largo consumo di latte fra i ragazzi (79%), solo il 2,7% sostiene di consumare latte crudo, mentre il 22,1% del campione dichiara di non sapere che tipo di latte consuma.
Il latte crudo risulta poco diffuso tra i giovani e quasi la metà dei ragazzi rivela che, oltre a non aver mai acquistato latte crudo presso un distributore automatico, non ne ha mai visti nella propria città.
I dati, del resto, riflettono la diffusione dei distributori a livello nazionale: nelle province di Padova e Torino, dove la presenza di distributori è più alta e nota ai ragazzi, il consumo di latte crudo è più frequente rispetto alle province di Roma e Palermo.
Il videogioco online
Nella fase successiva è stato realizzato un videogioco online sullo stile graphic adventure, tenendo conto anche delle informazioni raccolte dai ragazzi nella fase esplorativa.
I ragazzi che hanno giocato hanno potuto interiorizzare nuove conoscenze sulla catena di produzione del latte e sulla sua conservazione, la lavorazione e la distribuzione controllata del latte crudo, e soprattutto sui rischi alimentari e le eventuali tossinfezioni correlabili.
Il videogioco conteneva una serie di domande che spaziavano dalle intossicazioni ai diversi tipi di latte, dalle norme igienico-sanitarie in stalla alle corrette abitudini da tenere a casa per la conservazione e il consumo di latte crudo.
Gli studenti che hanno giocato sono stati 359 e il numero medio di risposte corrette è stato di 5,84 su 10 domande.
Nel complesso le domande con la più alta percentuale di risposte errate sono state quelle relative a:
- possibili cause di tossinfezioni alimentari
- regole di igiene e norme sanitarie nelle stalle
- direttive nazionali sulla vendita di latte crudo dai distributori automatici
Valutazione dell’efficacia
Per valutare l’efficacia nella trasmissione dei contenuti di sicurezza alimentare e comunicazione del rischio i ragazzi hanno compilato lo stesso questionario iniziale dopo aver giocato, da cui è emerso un miglioramento nelle conoscenze e alcune indicazioni affinché strumenti come quello adottato nello studio risultino più efficaci.
Si è osservato un cambiamento nella rappresentazione dell’alimento latte, con un livello maggiore di attenzione rispetto ai rischi alimentari associati al cibo in generale e al latte nello specifico.
I suggerimenti degli studenti su usabilità, grafica, musiche e personaggi del videogioco, permetteranno di realizzare strumenti comunicativi sempre più rispondenti alle esigenze e ai linguaggi dei giovani, e migliorare le strategie di comunicazione del rischio alimentare in generale.
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