La vaccinazione è uno strumento importante per prevenire conseguenze gravi dovute alle infezioni da leptospira nei cani; gli antigeni presenti nei vaccini attualmente in commercio, tuttavia, non sono sufficienti a garantire con certezza la protezione dalla malattia. Nelle regioni italiane nord-orientali, infatti, è stata dimostrata la presenza di alcuni sierogruppi di questo batterio che non sono compresi nei pannelli vaccinali. È quanto emerge da uno studio mirato a genotipizzare le leptospire che colpiscono i cani nelle regioni del Nord Est Italia, condotto da ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) e del Centro di referenza nazionale per la leptospirosi presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSLER), con la collaborazione della Clinica Veterinaria San Marco di Veggiano (PD) e la partecipazione di più di 50 strutture veterinarie presenti sul territorio.
Genotipi di leptospirosi nel Nord Est Italia
Lo studio, pubblicato di recente sulla rivista scientifica internazionale Pathogens, si è basato sull’analisi di campioni raccolti tra il 2013 e il 2019 da 1.631 cani sintomatici provenienti dal Triveneto, dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna. Le analisi sono state condotte sia con metodi tradizionali sierologici, microbiologici e molecolari (test di microagglutinazione, coltura in terreni specifici, real-time PCR) sia con metodi molecolari di nuova generazione (Multilocus Sequence Typing, Multiple Loci Variable-number Tandem Repeat Analysis). I risultati delle analisi sono stati interpretati inoltre grazie a dati anamnestici (stato di vaccinazione del cane, decorso della malattia) disponibili per alcuni dei casi analizzati.
Le analisi di laboratorio hanno rilevato 6 distinti tipi di sequenza (ST): 3 ST che caratterizzano la specie Leptospira interrogans (ST17, ST24 e ST198), 2 ST che caratterizzano la specie Leptospira kirschneri (ST117 e ST289), 1 ST che caratterizza Leptospira borgpetersenii (ST155). Queste sequenze rivelano che nel territorio considerato dallo studio circolano, in ordine decrescente di prevalenza, i sierogruppi Icterohaemorrhagiae (ST17), Australis (ST24 e ST198), Sejroe (ST155) e Pomona (ST117 e ST289).
Le implicazioni per le vaccinazioni
I vaccini per leptospirosi attualmente in commercio in Europa sono in prevalenza bivalenti (proteggono il cane per i sierogruppi Canicola e Icterohaemorrhagiae), trivalenti (protezione aggiuntiva per il sierogruppo Grippotyphosa), oppure tetravalenti (protezione aggiuntiva per i sierogruppi Grippotyphosa e Australis).
I risultati delle analisi evidenziano che questi vaccini, pur consentendo un’adeguata protezione nella maggior parte dei casi di contatto con leptospire, non riescono a coprire la totalità dei sierogruppi circolanti sul territorio, responsabili di manifestazioni cliniche anche gravi. Secondo i ricercatori sarebbe quindi opportuno ampliare il pannello vaccinale con l’inclusione degli antigeni rappresentativi degli altri sierogruppi in circolazione, come è avvenuto di recente negli Stati Uniti per il sierogruppo Pomona. Andrebbe inoltre ulteriormente approfondita l’efficacia dei vaccini tetravalenti nei confronti del sierogruppo Australis: questi vaccini infatti sono basati sugli antigeni della sierovariante Australis ST24, mentre dallo studio è emersa anche la circolazione della variante emergente Australis ST198.
Tre cani regolarmente vaccinati si sono rivelati clinicamente malati per infezione da leptospire del sierogruppo Icterohaemorrhagiae. È noto che i vaccini non sono in grado di proteggere completamente il cane dall’infezione, ma dovrebbero proteggere dalla manifestazione clinica di malattia e ridurre o evitare l’escrezione dell’agente infettivo. Dall’analisi dei dati anamnestici è emerso che si trattava di casi limite, condizionati dall’età degli animali, dalla probabile esposizione a un’alta carica batterica e da protocolli vaccinali incompleti o non del tutto documentati.
Questo sottolinea l’importanza della corretta applicazione dei protocolli vaccinali, che devono seguire le linee guida internazionali della World Small Animal Veterinary Association (WSAVA): in caso di infezione infatti una copertura vaccinale, seppure parziale, darà comunque al cane maggiori probabilità di sopravvivenza e guarigione.
Connessioni epidemiologiche
I genotipi identificati dallo studio sono stati infine confrontati con quelli dei ceppi presenti nel database storico del Centro di referenza nazionale per la leptospirosi, e sono state messe in luce connessioni epidemiologiche più o meno evidenti con possibili specie serbatoio quali ratti, alcune specie di micromammiferi, ricci, suini domestici e selvatici.
La ricerca ha confermato quindi che l’infezione da leptospira nel cane rappresenta una conseguenza della contaminazione ambientale di cui i ratti sono in buona parte responsabili, e che il cane può in questo senso rappresentare una sentinella del rischio di infezione per l’uomo e gli altri animali.
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