Spezie nel mondo

Spezie ed erbe aromatiche che usiamo per arricchire i nostri piatti spesso provengono da Paesi lontani. La complessità della filiera produttiva e il costante aumento della domanda offrono innumerevoli opportunità per frodi intenzionali o accidentali, con parziale sostituzione della materia prima originale con piante meno pregiate.

L’origano ha un’impronta digitale chimica che ne rivela l’autenticità. A dirlo è uno studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) sulle frodi alimentari in spezie ed erbe aromatiche, condotto in collaborazione con il gruppo Barilla e pubblicato sulla rivista internazionale Food Control.

Impronte digitali per smascherare le frodi

L’origano è una delle erbe aromatiche maggiormente soggette a frode. Questa pianta originaria del Mediterraneo per esempio viene sostituita con foglie di oliva, sommacco, mirto, cisto o fragola, arrivando in alcune miscele fino al 70% di sostituzione con altre specie.

Spezie ed erbe aromatiche che usiamo per arricchire i nostri piatti spesso provengono da Paesi lontani, e sono commercializzate in tutto il mondo attraverso fasi successive di produzione e lavorazione.

“La complessità della filiera produttiva e il costante aumento della domanda offrono innumerevoli opportunità per attività fraudolente” spiega Roberto Piro, direttore della SCS8 – Valorizzazione delle produzioni alimentari dell’IZSVe. “In qualsiasi punto della catena di approvvigionamento possono infatti verificarsi frodi intenzionali o accidentali, con parziale sostituzione della materia prima originale con piante meno pregiate”.

Per contrastare questo fenomeno i ricercatori del Laboratorio di chimica sperimentale (SCS8) hanno messo a punto una metodica sperimentale di fingerprinting chimico che rileva l’impronta digitale dell’origano ed è in grado di identificare quantitativi di adulteranti compresi tra il 1,5 e il 30%, presenti nel campione per causa volontaria e involontaria.

Metodica di laboratorio per fingerprinting origano

Ricercatori del Laboratorio di chimica sperimentale dell’IZSVe hanno messo a punto una metodica sperimentale di fingerprinting chimico che rileva l’impronta digitale dell’origano ed è in grado di identificare quantitativi di adulteranti compresi tra il 1,5 e il 30%, presenti nel campione per causa volontaria e involontaria. Questa metodica è ora utilizzabile per analisi di screening dei lotti di materia prima in ingresso.

Per lo studio è stata utilizzata la spettrometria di massa ad alta risoluzione ad analisi diretta in tempo reale (DART-HRMS) combinata con l’analisi statistica, che ha permesso quindi di creare un modello di classificazione e di identificazione corretta dell’origano adulterato, con una specificità del 92% , una sensibilità del 95% e un’accuratezza del 94%.

Il modello funziona come un sistema di apprendimento su base empirica, proprio come accade per i sistemi di machine learning. I costituenti chimici di ciascun alimento o matrice emettono una serie di segnali caratteristici che vengono “insegnati” allo strumento. Ogni volta che i campioni sono sottoposti ad analisi, lo strumento impara a riconoscere i segnali dei prodotti genuini, distinguendoli da quelli adulterati. Questo metodo di riconoscimento intelligente dell’impronta chimica messo a punto dai ricercatori è ora utilizzabile per analisi di screening dei lotti di materia prima in ingresso.

L’Ue spinge verso metodi di fingerprinting chimico

Lo studio dell’IZSVe si inserisce in un filone di ricerca che le istituzioni europee stanno spingendo da qualche anno. Per combattere le frodi alimentari nel mercato alimentare europeo, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e l’Unione Europea stanno incentivando lo sviluppo di tecniche analitiche sempre più accurate e rapide in grado di identificare le matrici alimentari.

Un report della Commissione ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo già dal 2013 invitava gli Stati membri a stimolare la ricerca sullo sviluppo e l’implementazione di metodi non-targeted che si basano sulla caratterizzazione dell’impronta digitale chimica e metabolica di un alimento genuino.

Ma anche fuori dall’Europa, altri Paesi si stanno muovendo in questa direzione. Dello stesso avviso è la Convenzione della Farmacopea degli Stati Uniti d’America, che in un documento suggerisce di utilizzare metodi non-targeted per definire il fingerprinting chimico di un prodotto autentico e quindi di individuare per comparazione tutti quelli che hanno un’impronta chimica alterata che si discosta dal profilo originale.

Spettrometria DART-HRMS

Negli ultimi quindici anni l’impiego della spettrometria di massa DART-HRMS è sensibilmente aumentato per la sua capacità di verificare l’autenticità degli alimenti con un approccio non-targeted affidabile e veloce. Il Laboratorio di chimica sperimentale dell’IZSVe utilizza questa tecnica da anni con successo, anche nell’ambito di altri progetti con differenti matrici alimentari.

Alimenti e oltre: versatilità della spettrometria di massa DART-HRMS

Le agenzie internazionali si affidano sempre più alle capacità tecnologiche dei laboratori di ricerca per contrastare le frodi alimentari. Negli ultimi quindici anni l’impiego della spettrometria di massa DART-HRMS è sensibilmente aumentato per la sua capacità di verificare l’autenticità degli alimenti con un approccio non-targeted affidabile e veloce.

Il Laboratorio di chimica sperimentale dell’IZSVe utilizza questa tecnica da anni con successo, anche nell’ambito di altri progetti con differenti matrici alimentari, e i cui risultati sono al momento al vaglio di riviste internazionali.

La tecnica ha trovato interessanti applicazioni anche nell’ambito della tossicologia forense per il rilevamento rapido di tossine in fieno causa di morte in bovini e della diagnostica  veterinaria per l’individuazione precoce di paratubercolosi, in collaborazione con l’università di Calgary (Canada), a partire dal siero di vacche asintomatiche.

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