È rischioso mangiare il prosciutto crudo in gravidanza? Se il tiramisù è stato congelato, mangiarlo è sicuro? I dubbi sulla sicurezza alimentare in un momento particolare come la gravidanza possono essere molti e, tra i tanti canali informativi disponibili, anche le donne incinte usano spesso i social network per cercare risposte e condividere i loro stati d’animo.
Ma come si sviluppano le conversazioni online sul tema del rischio alimentare in gravidanza? Quali consigli vengono condivisi e su quali basi fondano la loro autorevolezza scientifica? Uno studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha cercato di rispondere a queste domande attraverso l’analisi dei post pubblicati nelle pagine/gruppi Facebook dedicati alla gravidanza, esplorando come e in che misura le conoscenze e le percezioni dei rischi alimentari sono condivise sui social network. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Foods.
Il rischio alimentare fra pregiudizi e conoscenze
Sono stati identificati e selezionati 16 pagine e 8 gruppi Facebook con tema “gravidanza”, in lingua italiana (primo criterio di selezione), pubblicamente disponibili a chiunque abbia un account Facebook (secondo criterio di selezione), con almeno 300 iscritti (terzo criterio di selezione) e con almeno un post pubblicato negli ultimi tre mesi a partire dalla data di selezione (quarto criterio di selezione). Le pagine/gruppi sono stati monitorati e sono stati raccolti e analizzati tutti i contenuti (post e commenti ai post) pubblicati dal 28 settembre 2017 al 27 febbraio 2018.
Nello studio, che si inserisce nel contesto degli studi sociali computazionali, è stato adottato un modello di analisi misto che combina analisi di dati testuali quantitative e qualitative. Il corpus è risultato composto da 648.399 post, che sono stati analizzati attraverso metodi quantitativi per individuare automaticamente gli argomenti trattati; quindi sono stati selezionati quelli di interesse (rischi alimentari) e successivamente sottoposti ad un’analisi qualitativa per individuare i processi psicosociali rilevabili dalle conversazioni contenute nei post.
Il rischio alimentare non è tra gli argomenti più discussi nei gruppi dedicati alla gravidanza. e spesso nelle conversazioni sui rischi alimentari si riscontrano posizioni volte a minimizzare o negare il rischio, sintetizzate dalla frase “Io l’ho sempre mangiato e non mi è mai successo nulla!”. Dai post pubblicati dalle donne emerge anche il bias cognitivo noto come pregiudizio dell’ottimismo cioè la convinzione di essere meno a rischio rispetto agli altri, e che difficilmente si sarà coinvolti in eventi negativi.
Negli scambi tra gli utenti i rischi microbiologici più citati sono salmonellosi e toxoplasmosi, mentre altri come la campylobatteriosi sono totalmente ignorati. Questo risultato sembra essere legato a una mancanza di conoscenza delle malattie di origine alimentare: in generale le donne in gravidanza sono consapevoli dell’esistenza delle infezioni più comuni mentre alcune, come listeriosi e campylobatteriosi, non sono note nonostante la loro rilevanza sanitaria. I contenuti codificati e le argomentazioni hanno mostrato lacune nelle conoscenze in particolare sulle modalità di trasmissione delle malattie di origine alimentare e sugli alimenti a rischio. Per sostenere le argomentazioni gli utenti qualche volta riportano il parere di un esperto, il ginecologo, che compare come l’unico riferimento su questi temi.
La comunicazione del rischio in gravidanza
Questo studio ha fornito informazioni importanti per la comunicazione della sicurezza alimentare per le donne in gravidanza, partendo dalle conoscenze e dalla percezione del rischio che emergono dalle conversazioni sui social network e che possono condizionare i comportamenti alimentari. Una sottostima o una mancanza di conoscenza delle malattie di origine alimentare può infatti corrispondere ad un aumento dell’esposizione a causa della mancata adozione di idonee misure di protezione.
La progettazione di interventi di comunicazione rivolti alle donne in gravidanza deve quindi considerare non solo l’importanza di presentare in modo semplice, chiaro ed esaustivo i principali rischi alimentari, gli alimenti potenzialmente a rischio e le modalità di trasmissione; risulta fondamentale anche considerare gli atteggiamenti del target e l’influenza del contesto sociale per cercare di superare, ad esempio, il pregiudizio dell’ottimismo, esplicitando le caratteristiche dei soggetti maggiormente esposti così da favorire la percezione di una maggiore vicinanza tra sé e il gruppo di confronto.
Elemento chiave è ribadire inoltre l’importanza di affidarsi ad esperti: il ginecologo è riconosciuto come la figura più autorevole per avere informazioni in gravidanza. Tuttavia, sono diverse le professionalità che da vari punti di vista possono supportare le donne in questa specifica fase della vita (es.: infettivologi) e, tra queste, anche tutte le istituzioni specificamente dedicate alla sicurezza alimentare (es. Istituti zooprofilattici, ASL) che possono favorire un maggiore accesso alle informazioni sui rischi alimentari. Costruire una strategia comune e una comunicazione condivisa tra istituzioni sui rischi alimentari in gravidanza permette alle donne di ricevere informazioni chiare e utili sulla dieta da seguire e sulle buone pratiche da adottare.
Si conferma inoltre il ruolo critico dei social network nella ricerca e condivisione di informazioni, anche per la loro capacità di amplificare la diffusione di informazioni errate o imprecise favorendo la disinformazione. Per questo motivo, è fondamentale che esperti e autorità competenti sfruttino questo canale per fornire informazioni accurate e scientificamente fondate. A questo proposito l’IZSVe ha pubblicato e promosso nei social il sito web Alimenti & gravidanza, una campagna di comunicazione per sensibilizzare ai rischi alimentari. Per approfondire: www.alimentigravidanza.it
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