Il virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) del sottotipo H5 è diffuso a livello globale ed è causa di ingenti danni all’industria avicola, specialmente nei paesi in via di sviluppo, come l’Africa, dove il pollame rappresenta la principale fonte di proteine animali.

Come e con quali dinamiche il virus è entrato nel continente africano e si è diffuso tra i paesi africani? Quali sono le regioni africane più a rischio di nuove incursioni? Sono queste alcune delle domande alle quali ha risposto un gruppo di ricercatori del Dipartimento di scienze biomediche comparate dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, in uno studio appena pubblicato su Nature Communications.


L’Africa occidentale: un importante hotspot per il virus HPAI H5

La prima identificazione del virus HPAI H5N1 risale al 1996 nella provincia cinese di Guangdong (lineaggio Gs/GD). Da allora, si sono verificati almeno quattro diversi episodi di diffusione trans-continentale di questo virus dall’Asia all’Europa, all’Africa e in un caso anche al Nord America.

Introduzione di virus dell'influenza aviaria HPAI H5Nx in Africa

Infografica sull’introduzione di virus dell’influenza aviaria HPAI H5Nx in Africa. Le barre colorate rappresentano il tempo dell’antenato comune più recente di ciascuna introduzione del virus dell’influenza in Africa orientale (blu), Egitto (arancione), Africa centro-occidentale (viola) e Sud Africa (giallo). Le sfere rappresentano l’area di origine di ciascuna introduzione.

Fino ad ora, il ruolo svolto dall’Africa nella diffusione di questo importante agente zoonotico non era mai stato approfondito, ma grazie alla collaborazione dell’IZSVe con 13 laboratori africani è stato creato un vastissimo dataset composto da più di 1.200 sequenze genetiche, costituito dai virus H5-HPAI raccolti tra il 2005 e il 2018 nel corso delle tre ondate epidemiche intercontinentali che hanno investito il continente africano.

Dallo studio è emerso che l’Africa occidentale è stata il principale sito di introduzione del virus per tutte le ondate epidemiche e ha svolto un ruolo importante nella diffusione del virus all’interno del continente. L’Africa occidentale è ricca di grandi zone umide, come il delta del Senegal e del Niger, le pianure alluvionali del Niger e il lago Ciad, che rappresentano aree di svernamento per diversi uccelli migratori; è inoltre una delle regioni africane con la più alta densità di pollame.

Le caratteristiche uniche di questa area geografica suggeriscono di considerare l’Africa occidentale, e in particolare la Nigeria, come regione target per la sorveglianza dei virus.


Dinamiche di diffusione dei virus HPAI H5

Per comprendere e monitorare l’evoluzione nel tempo, i virus vengono classificati in gruppi, detti clade, in base alle loro caratteristiche genetiche. In questo caso specifico, i virus del lineaggio Gs/GD sono stati suddivisi in dieci clade (0-9), successivamente evoluti in diversi subclade.

Il continente africano è stato interessato da tre delle quattro ondate epidemiche provocate dal virus Gs/GD, in particolare dai clade 2.2 (sottotipo H5N1), 2.3.2.1c (sottotipo H5N1) e 2.3.4.4-B (sottotipo H5N8). Il clade 2.2 è arrivato in Africa alla fine del 2005, diffondendosi in Egitto e in Africa occidentale; il clade 2.3.2.1c è stato identificato nel continente africano nel gennaio 2015 e si è diffuso nella popolazione avicola dell’Africa occidentale; il clade 2.3.4.4B è stato introdotto in Africa alla fine del 2016, diffondendosi per la prima volta in diversi stati del nord, ovest, est, centro e sud del continente.

Grazie all’incrocio di date, posizioni e informazioni genetiche, i ricercatori hanno identificato introduzioni multiple del virus nel continente africano e hanno compreso che queste potevano avere origini differenti, rendendo difficile qualsiasi previsione. Mentre la prima ondata epidemica (clade 2.2) sembra aver avuto origine nell’Europa dell’est, la seconda (clade 2.3.2.1c) e la terza (clade 2.3.4.4B) ondata sembrano provenire da paesi diversi: Medio Oriente, Europa e Asia.

Per quanto riguarda la prima e la terza ondata epidemica, è stato inoltre rilevato il ruolo cruciale svolto dagli uccelli migratori, in particolare dagli Anseriformi selvatici (tra cui oche e anatre), nell’introduzione dei virus nel continente.

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