Nelle Alpi orientali e in tutto l’arco alpino gli ungulati selvatici (come cervi, caprioli, daini, cinghiali) sono in costante aumento e molte specie sono ormai presenti in gran numero e con un’ampia distribuzione geografica.

Ungulati selvatici

Nell’arco alpino gli ungulati selvatici (cervi, caprioli, daini, cinghiali) sono in costante aumento. Questo fenomeno, unito all’uso del territorio da parte dell’uomo, aumenta le probabilità di contatto tra questi animali selvatici, gli animali domestici e l’uomo, e di conseguenza la possibilità di scambio di eventuali patogeni.

Inoltre è profondamente cambiato l’uso del territorio da parte dell’uomo: da una parte con la marginalizzazione di alcune aree; dall’altra con un aumentato interesse per la frequentazione di zone ricche di fauna selvatica, per forme di allevamento non intensivo e per l’uso della selvaggina come risorsa alimentare sostenibile.

Tutti questi fattori hanno incrementato la probabilità di contatto tra animali selvatici, animali domestici e uomo, e di conseguenza la possibilità di scambio di eventuali patogeni presenti in queste diverse componenti.

Va sottolineato che questo concetto non vale solamente per le infezioni emergenti o riemergenti (come per esempio le malattie da zecche o l’epatite E), ma anche per malattie “classiche” tipicamente legate agli animali domestici e oggi eradicate dal Nordest (incluse alcune zoonosi, come la tubercolosi o la brucellosi).

Proprio queste ultime, se introdotte o reintrodotte, potrebbero trovare nelle popolazioni odierne di ungulati selvatici un importante fattore di persistenza e diffusione sul territorio, se non un vero e proprio serbatoio (eventualità che comunque per alcuni patogeni non potrebbe essere esclusa).

In questo nuovo contesto può fare la differenza, in termini di salvaguardia della salute pubblica e della sanità animale, inserire nella strategia di sorveglianza sanitaria due fattori:

  • l’individuazione dei patogeni a maggior impatto (sanitario, economico, conservazionistico) e a maggior rischio di introduzione/reintroduzione;
  • l’identificazione il più possibile precoce (early detection) dei patogeni stessi nelle popolazioni selvatiche.

Il progetto

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, assieme a un gruppo di partner, ha provato a sviluppare un modello di questo tipo sull’area del Triveneto, integrando conoscenze nei campi della medicina veterinaria, della medicina umana, dell’ecologia e gestione faunistica, del data management e della ricerca sociale. Le attività sono state realizzate nell’ambito del progetto di ricerca RC IZSVe 08/2012, finanziato dal Ministero della salute.

Un gruppo di ricercatori IZSVe, con la collaborazione di diversi partner, ha elaborato una strategia di sorveglianza basato su due aspetti: 1) l’individuazione dei patogeni a maggior impatto (sanitario, economico, conservazionistico) e a maggior rischio di introduzione/reintroduzione; 2) l’identificazione il più possibile precoce (early detection) dei patogeni stessi nelle popolazioni selvatiche.

Queste le fasi del progetto:

  • Fase 1. Prioritizzazione dei patogeni. Mediante l’analisi della letteratura di settore sono state valutate quali infezioni abbiano il più alto rischio di essere introdotte (o reintrodotte) nell’interfaccia animali selvatici/animali domestici/uomo, e quali di queste abbiano le più chiare implicazioni per la sanità pubblica e animale;
  • Fase 2. Data management. Le informazioni disponibili sulle popolazioni di ungulati selvatici nel Triveneto sono state raccolte, comparate, armonizzate e pubblicate in un unico catalogo di metadati realizzato in accordo con la direttiva 2007/2/EC INSPIRE (acronimo per Infrastructure for Spatial Information in Europe – Infrastruttura per l’Informazione Territoriale in Europa), una direttiva dedicata alla realizzazione di un infrastruttura di dati territoriali nella Comunità europea con l’obiettivo di essere di supporto alla stesura di politiche che possono avere un impatto diretto o indiretto sull’ambiente. Il progetto ha inoltre permesso la costruzione di un database georeferenziato dei dati di popolazione veri e propri, sempre secondo i criteri di INSPIRE.
  • Fase 3. Early detection. Sulla base di quanto acquisito nelle fasi 1 e 2, sono stati sviluppati strumenti per l’individuazione precoce delle infezioni prioritarie, finalizzati all’adozione tempestiva di eventuali misure di controllo.

Hanno collaborato al progetto: il Centro di referenza nazionale per le patologie della fauna selvatica (Cermas); l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA); la Provincia di Belluno; la Provincia di Vicenza; le Province autonome di Trento e Bolzano; la Regione Friuli Venezia Giulia; l’Associazione Cacciatori Trentini; il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi; il Parco Naturale Paneveggio Pale S. Martino; il Corpo Forestale dello Stato; l’Università degli Studi di Milano; l’Università degli Studi di Padova; medici umani di alcune Aziende ospedaliere e Servizi di prevenzione del Triveneto.

Risultati

Prioritizzazione dei patogeni

La prima fase ha restituito al gruppo di lavoro una procedura per la prioritizzazione dei patogeni negli ungulati selvatici del Triveneto. Partendo dalle principali malattie degli ungulati, derivate sia dalla letteratura scientifica sia dalle liste pubblicate dalle principali organizzazioni sanitarie europee, sono stati applicati specifici criteri di valutazione, stabiliti applicando metodi di ricerca sociale a panel di esperti composti da medici veterinari, medici umani e gestori della fauna.

Attualmente è stata stilata una “graduatoria provvisoria” di priorità delle malattie degli ungulati, sulle quali concentrare la sorveglianza nel Triveneto. La graduatoria definitiva, sarà resa disponibile a partire dai primi mesi del 2017.

Prioritizzazione dei patogeni

Attraverso l’applicazione di metodi di ricerca sociale a panel di esperti composti da medici veterinari, medici umani e gestori della fauna è stata stilata una “graduatoria” di priorità delle malattie degli ungulati, sulle quali concentrare la sorveglianza nel Triveneto.

Le prime 10 patologie individuate dalla procedura di prioritizzazione sono state le seguenti:

  1. Mycobacterium bovis (tubercolosi)
  2. Brucella
  3. Salmonella
  4. Trichinella
  5. Peste suina classica (CSF virus)
  6. TBE virus (encefalite da zecche)
  7. Escherichia coli (ceppi enteropatogeni)
  8. Peste suina africana (ASF virus)
  9. Epatite E (HEV virus)
  10. Coxiella burnetii (Febbre Q)

Si può notare come in questa prima classifica prevalgano le zoonosi e alcune malattie a elevato impatto economico. È interessante inoltre il fatto che, accanto a zoonosi classiche si distinguano altre potenziali zoonosi emergenti: ad esempio l’epatite E, legata al consumo di carne di ungulati selvatici, o la febbre Q, oggetto di diverse ipotesi in relazione al possibile ruolo di serbatoio delle popolazioni selvatiche per gli animali domestici ed eventualmente per l’uomo.

Data management

Le attività di data management intraprese con il progetto possono essere considerate la prima esperienza a livello nazionale ed europeo di applicazione della Direttiva INSPIRE a dati di popolazione di animali selvatici.

La costruzione del catalogo metadati e del geo-database secondo questi criteri ha richiesto un investimento ingente in termini di know-how e risorse dedicate, ed è stata ritenuta indispensabile per garantire l’interoperabilità su scala locale, nazionale e internazionale di questa piattaforma.

Questa interoperabilità, unita alla possibilità di visualizzare geograficamente informazioni armonizzate e quindi di significato univoco e di conoscere in tempo reale chi raccoglie quali dati, costituirà una base per sviluppare strategie di sorveglianza e misure di controllo in modo più tempestivo, condiviso e aderente alla situazione reale.

Early detection

Dal punto di vista della early detection l’impegno principale è stata l’elaborazione delle definizioni di “caso sospetto” per i patogeni prioritari, alla base di un’efficace sorveglianza passiva (l’osservazione di sintomi o lesioni in animali vivi, abbattuti o rivenuti morti che inducono il sospetto di presenza di malattia).

Ungulati selvatici sorveglianza passiva

Il progetto ha permesso la creazione di una rete di sorveglianza sulle malattie degli ungulati selvatici, basata su procedure standardizzate e condivise tra gli operatori. Dal punto di vista della early detection, è stata elaborata in particolare la definizione di “caso sospetto” per i patogeni prioritari, alla base di un’efficace sorveglianza passiva.

Tuttavia alcuni dei patogeni ritenuti prioritari – come Trichinella, TBE, HEV – non causano alcuna sintomatologia né lesioni evidenti negli animali selvatici: possono quindi essere indagati solo tramite appositi piani di sorveglianza attiva (campionamenti specifici per individuare e misurare la presenza di un’infezione negli animali).

La ricognizione dei metodi diagnostici in uso presso l’IZSVe ha quindi compreso entrambe le categorie di patogeni all’interno delle malattie prioritarie. Per orientare le attività nel campo diagnostico, sono stati molto importanti le informazioni e i protocolli pubblicati da altri gruppi e network di ricerca italiani ed europei, che sono state adattate al contesto Triveneto e all’operatività dell’IZSVe.

Conclusioni

Il progetto ha permesso la creazione di una rete di sorveglianza sulle malattie degli ungulati selvatici, basata su procedure standardizzate e condivise tra gli operatori, e di una piattaforma informatica utilizzabile a livello locale, nazionale e internazionale.

Le attività avviate non si concluderanno con questo progetto: una strategia di sorveglianza di questo tipo necessita infatti del continuo apporto di informazioni e di una costante rifinitura per incrementare la sua efficacia ed efficienza.

È da sottolineare come i risultati ottenuti abbiano una valenza strategica e traslazionale molto ampia, in un’ottica one health, grazie alla compartecipazione di conoscenze e attori dell’ambito veterinario, medico e faunistico. Questo permette a ciascuno di questi diversi ambiti di modellare sulla base dei propri compiti e finalità la strategia sviluppata, favorendo l’ingresso di nuovi partner e l’estensione delle attività ad altre specie selvatiche.