L’attenzione nei confronti del benessere animale è notevolmente cresciuta negli ultimi anni e ha trovato opportuno riconoscimento e sostegno normativo per gli animali di allevamento, d’affezione e anche per quelli impiegati a fini scientifici. In quest’ultimo caso, la direttiva 2010/63/UE, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 26/2014, considera tra gli invertebrati solo i cefalopodi. Pertanto, il benessere delle api non è al momento normato sebbene esistano situazioni in cui sarebbero necessarie precise indicazioni, come nel caso dell’eutanasia della colonia.
Il Centro di referenza nazionale (CRN) per l’apicoltura dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha approfondito questa tematica relativamente alle api da miele, quando l’opzione dell’eutanasia si rende necessaria. Sulla base della letteratura scientifica, i ricercatori del CRN hanno individuato le tecniche maggiormente utilizzate a tale scopo in relazione all’efficacia e alla possibilità di ridurre al minimo le sofferenze per le api. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Apicultural Research
L’eutanasia in apicoltura
Anche in apicoltura può essere necessario ricorrere all’eutanasia, pratica autorizzata e prevista dalla normativa vigente qualora insorgano problemi per le api, per l’ambiente e/o per la salute pubblica che non si possono risolvere in altro modo. La soppressione delle api mellifere si realizza, di regola, dopo il tramonto, quando la maggior parte delle api è rientrata nell’arnia. A questo punto l’alveare viene sigillato confinandovi tutte le sue api, per evitare che possano ulteriormente fuoriuscire.
Nel caso di alcune malattie infettive o parassitarie delle api mellifere, come la peste americana o le infestazioni parassitarie esotiche (come l’infestazione da Aethina tumida), la normativa veterinaria e i piani di emergenza nazionali prevedono la soppressione immediata delle api, quando gli agenti responsabili dell’infezione/infestazione sono presenti in numero ancora limitato e localizzato. In questi casi, l’eutanasia è una riposta rapida ed efficace per tutelare la salute del patrimonio apistico di un territorio o di una nazione.
Altre volte, questa pratica è necessaria per prevenire l’introduzione e la diffusione di api di origine sconosciuta, o qualora siano segnalati alveari abbandonati, o ancora sciami in luoghi difficilmente accessibili e di difficile gestione, magari anche con rischi per la salute delle persone.
Tecniche e sostanze per la soppressione delle api mellifere
Grazie all’esperienza maturata direttamente sul campo, la pratica apistica ha raccomandato e tramandato vari metodi, chimici o fisici, di soppressione delle api mellifere, che non sono stati però adeguatamente studiati in condizioni controllate o riconosciuti ufficialmente. Nel caso di un focolaio di malattia infettiva o infestiva si applica la procedura più semplice, realizzabile in loco, di immediata efficacia e scelta tra quelle disponibili.
Criteri generali
Innanzitutto, la manipolazione delle api e la tecnica di soppressione impiegata devono essere rapide per limitarne la sofferenza: in questo modo la procedura potrà rispondere ai criteri di tutela del benessere dell’animale al momento dell’eutanasia. Anche durante la manipolazione, il disagio dell’ape deve essere ridotto al minimo. Andranno poi tenuti in considerazione i seguenti fattori:
- la specie e il numero di esemplari presenti nell’alveare,
- i mezzi a disposizione per contenere le api,
- l’abilità del personale preposto,
- le condizioni ambientali,
- il rispetto delle norme sull’acquisizione e lo stoccaggio delle sostanze utilizzate per la soppressione,
- la sicurezza degli apicoltori e degli operatori coinvolti,
- lo smaltimento successivo delle api.
Principali sostanze e loro autorizzazione
Nello studio, vengono elencate le principali sostanze utilizzate per l’eutanasia delle api mellifere nel mondo. La lista comprende:
- l’anidride solforosa,
- la benzina o il gasolio,
- l’alcol isopropilico,
- il ghiaccio secco,
- l’acqua saponata,
- i piretroidi di sintesi.
Queste sono le sostanze maggiormente indicate perché tengono in considerazione anche la sicurezza di chi le maneggia e l’impatto sull’ambiente. In passato, venivano utilizzati anche l’acetato di etile, il cianuro di calcio e il cianuro di sodio, successivamente abbandonati in quanto tossici.
L’anidride solforosa è la sostanza maggiormente utilizzata in Italia, perché economica e di facile impiego per l’operatore: è sufficiente posizionare una pastiglia di zolfo sul fondo dell’arnia e accenderla; l’anidride solforosa prodotta dalla combustione satura l’aria dell’alveare in breve tempo provocando rapidamente la morte delle api. Quando è necessario intervenire su più alveari, l’anidride solforosa viene invece immessa da personale esperto e autorizzato tramite una bombola. Questa tecnica è applicata solo in condizioni di campo, all’aria aperta, dove il rischio di esposizione per gli operatori è assente.
Nonostante il loro storico utilizzo in apicoltura, né in Italia né nell’Unione Europea l’impiego di principi attivi per la soppressione delle api risulta regolamentato, come invece avviene in altri stati quali Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia. Anche le sostanze sopra citate non sono incluse ad oggi fra quelle autorizzate dal Regolamento (Ue) 528/2012 che disciplina l’uso di biocidi per proteggere uomo e animali da organismi nocivi.
Operatori autorizzati
In base alle diverse situazioni, l’eutanasia può essere eseguita dall’apicoltore o da ditte specializzate che forniscono servizi di disinfestazione. In entrambi i casi è prevista la supervisione dei Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria competente per il territorio.
Consolidare ricerca e legislazione
Dallo studio IZSVe emerge che, nonostante l’eutanasia in apicoltura in molti casi sia una pratica necessaria e obbligatoria, poco è stato fatto finora per aumentare l’adeguatezza delle tecniche di eutanasia alle caratteristiche proprie della specie. Servono pertanto conoscenze maggiori e specifiche sul benessere delle api mellifere e degli insetti in generale, informazioni che possono derivare dalla ricerca e dalla pratica di laboratorio, come già avviene per il mondo dei vertebrati. Infine, servirà che le istituzioni ravvedano l’opportunità di autorizzare le sostanze già in uso, e che gli apicoltori siano più attenti e sensibili circa le corrette modalità d’impiego.
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