Il sistema di stabulazione dei bovini da carne adottato da molti allevamenti da ingrasso italiani può favorire le infezioni da micoplasmi in vitelloni di recente introduzione; in particolare, i vitelloni rischiano di essere infettati da Mycoplasma bovis, specie batterica considerata importante nel complesso della malattia respiratoria dei bovini (Bovine Respiratory Disease, BRD).

A sostenerlo è uno studio condotto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che ha analizzato i tamponi nasali di 240 vitelloni importati in 13 allevamenti veneti, prelevati sia al loro ingresso in allevamento che a distanza di 14 e 60 giorni. Le analisi, condotte con uno specifico protocollo PCR per la ricerca di micoplasmi, hanno dimostrato che mentre la gran parte dei vitelloni importati risultava inizialmente negativa, dopo 14 giorni il 40% circa presentava positività a M. bovis, percentuale che scendeva al 13% nell’ultimo campionamento.

Vitelloni in stalla italiana

Il sistema di stabulazione dei bovini da carne adottato da molti allevamenti da ingrasso italiani può favorire le infezioni da micoplasmi in vitelloni di recente introduzione. Dati raccolti dai ricercatori IZSVe dimostrano infatti che la condivisione dello spazio può favorire la diffusione di Mycoplasma bovis dai bovini già presenti in allevamento ai vitelloni di recente ingresso.

La spiegazione del fenomeno sta nel sistema di produzione adottato dagli allevamenti da ingrasso di bovini da carne importati, in particolare nella modalità con cui gli animali sono stabulati. Nel nostro Paese infatti, soprattutto nella Pianura Padana e nello specifico in Veneto, viene adottato un sistema di allevamento con introduzione continua di animali importati prevalentemente dalla Francia a un peso di 300-400 kg, che vengono allevati per sei mesi fino a un peso di 650 kg. Questo comporta la convivenza di animali appena introdotti e animali che già stazionano in allevamento da più mesi, che condividono gli stessi spazi oltre che gli stessi patogeni eventualmente presenti.

I dati raccolti dai ricercatori IZSVe dimostrano quindi che è proprio la condivisione dello spazio a favorire la diffusione di M. bovis dai bovini già presenti in allevamento ai vitelloni di recente ingresso; una dinamica di infezione che può essere aggravata da condizioni di sovraffollamento e scarsa ventilazione. La diminuzione della percentuale di positivi dopo 60 giorni indica invece che la maggior parte dei vitelloni riesce a superare l’infezione.

Oltre alla specie M. bovis, il protocollo utilizzato nello studio era finalizzato a rintracciare nei campioni anche le specie M. dispar (ritenuta in grado di causare la BRD) e M. bovirhinis (spesso rinvenuta nel tratto respiratorio dei bovini, ma considerata non patogena). Al contrario di quanto emerso per M. bovis, secondo le analisi dei ricercatori la prevalenza di M. dispar non cambiava nel tempo, mentre quella di M. bovirhinis appariva correlata soprattutto alle condizioni ambientali, segnando un aumento significativo dell’infezione durante i mesi caldi. Secondo i ricercatori questa stagionalità potrebbe dipendere dal fatto che durante i mesi freddi a colonizzare i tratti respiratori dei bovini sono soprattutto i batteri patogeni, tra cui gli stessi M. bovis e M. dispar.

Leggi l’articolo scientifico su Pathogens >