Cozze, vongole, ostriche, capesante, canestrelli: quando si parla di molluschi bivalvi i consumatori italiani sono fiduciosi circa le loro capacità di sceglierli, cucinarli e mangiarli senza contrarre tossinfezioni. In effetti rispettano molte delle buone pratiche consigliabili per preparare e consumare questi alimenti; tuttavia hanno le idee un po’ confuse su quali sono i rischi effettivi che i bivalvi comportano, e una fiducia eccessiva nelle proprie abitudini può portare a sottovalutare questi rischi sia in casa che al ristorante.

È quanto emerge da uno studio dell’Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie che ha indagato le preferenze e i comportamenti delle persone nel consumo dei molluschi bivalvi, oltre che le loro conoscenze e percezioni sui rischi che questi alimenti comportano. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Food control e parte di una ricerca più ampia finanziata dal Ministero della Salute, aveva l’obiettivo di raccogliere informazioni utili per la produzione di materiali di comunicazione del rischio efficaci, in grado di favorire l’adozione di pratiche corrette per la preparazione e il consumo dei molluschi bivalvi.

Focus group

I consumatori italiani rispettano molte delle buone pratiche consigliabili per preparare e consumare i molluschi bivalvi; tuttavia hanno le idee un po’ confuse su quali sono i rischi effettivi che questi alimenti comportano. È quanto rilevato da uno studio IZSVe basato su quattro focus group svolti tra il Veneto e le Marche. Dagli incontri è emersa una preoccupazione generica per rischi di tipo chimico e una scarsa consapevolezza dei rischi microbiologici.

I dati sono stati raccolti con tecniche di ricerca sociale: sono stati realizzati quattro focus group tra il Veneto (a Padova e Chioggia) e le Marche (a Tolentino e Ancona), a cui hanno partecipato un totale di 42 persone, la maggior parte delle quali donne e con titolo di studio elevato. I partecipanti hanno mostrato una certa esperienza nell’acquisto e nel consumo dei molluschi bivalvi, e concordavano su alcuni dei comportamenti da adottare per evitare rischi alimentari. In particolare hanno riferito di:

  • acquistare soprattutto le specie con cui hanno familiarità, in particolare cozze e vongole;
  • preferire venditori di fiducia e di fare attenzione alle informazioni riportate in etichetta, come la provenienza e la data di scadenza;
  • consumare i molluschi in breve tempo dopo l’acquisto, cercando di mantenere la catena del freddo e conservando gli alimenti nel frigorifero in caso di necessità;
  • evitare di mangiare i molluschi crudi, anche se ritengono sicuro farlo quando sono serviti nei ristoranti.

Dagli incontro è emersa anche una certa fiducia nel sistema dei controlli sugli alimenti, percepiti come “numerosi” ed “efficaci”.

Tuttavia, di fronte alla domanda su quali siano i rischi effettivi che possono derivare dal consumo dei molluschi bivalvi, le dichiarazioni emerse dagli incontro sono risultate confuse e contrastanti: espressioni ricorrenti come “sostanze chimiche” o “sostanze dannose” rivelano una preoccupazione generica soprattutto nei confronti di rischi di tipo chimico, ma di cui non si conoscono le origini o i potenziali effetti.

I molluschi bivalvi possono in effetti accumulare sostanze chimiche, come le biotossine prodotte da alcuni tipi di alghe o i metalli pesanti prodotti dall’inquinamento, ma anche microrganismi patogeni, come nororvoirus, virus dell’epatite A e salmonella che possono causare forti dolori addominali, diarrea, nausea, vomito e febbre. Per eliminare i rischi rappresentati da questi microbi è necessario consumare i molluschi bivalvi cotti, oltre che acquistarli presso rivenditori ufficiali che possono garantire i controlli lungo la filiera di produzione.

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