Un prodotto alimentare di qualità è anche un prodotto sicuro dal punto di vista sanitario: su questa equivalenza i consumatori italiani sono concordi. Non lo sono altrettanto invece sulle caratteristiche che determinano quando un prodotto è “di qualità”.

Per alcuni infatti qualità del cibo significa principalmente freschezza, bell’aspetto, buon sapore, ovvero buone proprietà organolettiche. Per altri invece contano soprattutto il luogo e le modalità di produzione: un prodotto è di qualità quando ha una filiera corta ed è realizzato con metodi di lavorazione tradizionali (ad esempio, è un prodotto biologico).

Questa divergenza nella percezione della qualità alimentare da parte degli italiani emerge da una ricerca dell’Osservatorio sulle esigenze del cliente dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, svolta attraverso un’indagine statistica telefonica su un campione rappresentativo di 1.000 consumatori italiani e pubblicata nella rivista scientifica internazionale “Appetite”.

Ma non è tutto qui. «Dimmi come mangi e ti dirò chi sei», recita un celebre aforisma di Anthelme Brillat-Savarin. Ed è proprio quello che hanno riscontrato i ricercatori dell’Osservatorio, individuando un’associazione tra la modalità di percepire la qualità e alcune caratteristiche sociodemografiche. Ne escono due profili diversi di consumatore alimentare italiano, che è bene tenere in considerazione quando si pianificano attività di marketing e comunicazione rivolte a questo tipo di pubblico.

I fattori di valutazione della qualità

La ricerca dell’Osservatorio ha individuato tre fattori di valutazione principali con cui gli italiani valutano la qualità di un prodotto alimentare:

 

  • le proprietà organolettiche: la maggior parte degli intervistati (76,2%) valuta la qualità dei prodotti alimentari basandosi sulle caratteristiche del prodotto stesso, in particolare sulla sua stagionalità, sulla freschezza, sull’aspetto e sul sapore;
  • il luogo e la modalità di produzione: una parte minoritaria degli intervistati (20,4%) prende in considerazione principalmente le caratteristiche della produzione, valutando di qualità i prodotti locali e biologici, e basando il suo giudizio sulle certificazioni circa il luogo e le modalità di produzione;
  • la marca e il prezzo: solo una minima parte di intervistati (2,4%) si basa prevalentemente su aspetti commerciali e di marketing, valutando un prodotto di qualità quando appartiene a una marca conosciuta e costa più di altri prodotti analoghi.
[chart type=”PieChart” animation=”” title=”Principali fattori con cui i consumatori italiani percepiscono la qualità di un prodotto alimentare” chart_h=”250″  h_axis_marks=”Proprietà organolettiche, Luogo e modalità di produzione, Marca e prezzo, Altro”][point indicator_name=”%”]76.2, 20.4, 2.4, 1[/point][/chart]

I due profili del consumatore italiano

I dati raccolti hanno inoltre permesso di individuare una correlazione tra modo di percepire la qualità dei prodotti e alcune caratteristiche sociodemografiche degli intervistati.

In particolare i ricercatori hanno analizzato le differenze tra gli intervistati che tendevano a giudicare la qualità basandosi su proprietà organolettiche (Gruppo 1) e quelli che si basavano invece prevalentemente su luogo e modalità di produzione (Gruppo 2).

È emersa dipendenza tra l’appartenenza ai due gruppi e:

  • la posizione lavorativa (il Gruppo 1 è formato prevalentemente da lavoratori, il Gruppo 2 da pensionati e studenti);
  • la provenienza geografica (mentre gli intervistati del Centro e del Sud Italia si ripartivano equamente tra i due gruppi, a Nord-Ovest è prevalente il Gruppo 1 mentre a Nord-Est il Gruppo 2);
  • la tendenza a leggere l’etichetta (prevalente nel Gruppo 1);
  • il proprio grado di confidenza con tematiche di sicurezza alimentare (gli appartenenti al Gruppo 1 posseggono maggiori conoscenze su questi argomenti rispetto a quelli del Gruppo 2).

Sulla base delle analisi dell’Osservatorio è possibile tracciare due profili distinti del consumatore italiano. Il possesso di determinate caratteristiche (riassunte nella seguente tabella) aumenta (­) o riduce () le possibilità di appartenenza al singolo gruppo:

  GRUPPO 1. PROPRIETÀ ORGANOLETTICHE
Qualità come prodotto fresco, buono e di bell’aspetto
GRUPPO 2. LUOGO E MODALITÀ DI PRODUZIONE
Qualità come prodotto locale e biologico
Qualifica professionale / diploma di scuola secondaria superiore

Vivere al Nord-Est, al Sud e nelle Isole
Alto livello di conoscenze sui rischi alimentari
Alto livello di autovalutazione delle conoscenze
Essere casalingo
Far parte della popolazione attiva

Perché é importante capire come i consumatori percepiscono la qualità

Capire come gli italiani percepiscono la qualità dei prodotti che ha implicazioni importanti per il marketing delle aziende. L’Italia è infatti lo stato europeo con il maggior numero di prodotti certificati dall’Unione Europea come PDO (Protected designation of origin) e PGI (Protected geographical indication).

Il mercato di questi prodotti è in costante espansione nella grande distribuzione europea, cresciuto del 10% tra il 2010 e il 2012 secondo il Rapporto 2012 dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria. Si tratta di un mercato rilevante soprattutto in Italia, dove secondo ricerche dell’Eurobarometro circa il 35% dei consumatori dichiara di controllare la presenza di certificazioni di qualità nei prodotti durante il momento di acquisto, e l’82% dei consumatori si dice preoccupato circa la qualità del cibo che mangia (rispetto una media del 68% in Europa).

Campagna di comunicazione sanitariaConoscere la percezione dei consumatori è strategico anche per chi si occupa di analisi del rischio. I profili sociodemografici rilevati corrispondono infatti a diverse probabilità di esposizione a determinati rischi alimentari. Per esempio chi tende a considerare di qualità cibi fatti in casa e acquistati da venditori locali di fiducia può esporsi a rischi microbiologici dovuti a uno scarso rispetto delle norme sanitarie durante la produzione.

Allo stesso tempo la diversità dei profili individuati è utile anche per pianificare attività e campagne di comunicazione del rischio nel settore alimentare. Per esempio gli acquirenti che tendono a leggere maggiormente le etichette, hanno maggiori conoscenze sanitarie e titoli di studio più elevati possono essere più inclini a leggere messaggi sul punto vendita e a preferire argomentazioni razionali, mentre per altri può essere più utile creare messaggi basati su immagini e maggior impatto emotivo.

Per approfondimenti

Trovi ulteriori approfondimenti sulle attività di ricerca sociale nell’ambito della sicurezza alimentare e della comunicazione del rischio e tutte le pubblicazioni realizzate dall’Osservatorio per le esigenze del cliente nella pagina Comunicazione > Ricerca sociale.

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